Cronaca locale

Visioni, arte e ambiente. In scena al Castellazzo il linguaggio del futuro

La compositrice americana Laurie Anderson guest star del festival che compie 30 anni

Con Milano Laurie Anderson ha da sempre un rapporto molto stretto. La sua prima retrospettiva in Italia fu ospitata quasi 16 anni fa proprio qui. Al Pac, per la precisione. Con quella mostra si rendeva omaggio alla multiforme produzione della musicista d'avanguardia, nonché icona dell'arte multimediale newyorkese che, da sempre, si autodefinisce una «narratrice», crea installazioni in cui abbina poesie e canzoni, collage di suoni e musica, basandosi su episodi della propria vita, sui suoi sogni, su poemi, miti e leggende.

Stasera (alle 21, ingresso 40/25 euro) ritroviamo la signora Anderson nei giardini di Villa Arconati per la première italiana di The Language of the Future (il linguaggio del futuro), performance nel vero senso della parola all'interno del Festival Terraforma, la tre giorni internazionale di musica dedicata alla sperimentazione artistica (un evento realizzato in collaborazione con il Festival di Villa Arconati) che proseguirà fino a domenica.

Rivisitazione della versione originale del 1977, il progetto che la regina della sperimentazione presenterà quest'oggi è attraversato da video, brani parlati e note eseguite dal violino elettrico, da un'orchestra digitale e dal violoncello di Rubin Kodheli, dando vita a un'esibizione tra narrazione ed elettronica. Un progetto che prova ad analizzare i cambiamenti sociali che emergono dalla digitalizzazione e la velocità con i quali questi progetti stanno avanzando. Un punto di vista molto interessante, se si pensa all'importanza della tecnologia nel suo percorso artistico.

Sul palco della sesta edizione dell'evento musicale dedicato alla sperimentazione e alla sostenibilità ambientale saliranno, a precedere Laurie Anderson, l'esibizione dal vivo della produttrice e compositrice di musica elettroacustica Caterina Barbieri, di ritorno in Italia da Berlino. Le sue composizioni sono lunghe escursioni analogiche che sondano temi legati all'intelligenza artificiale, al tempo e allo spazio, provano a dare nuovo significato al linguaggio minimalista. In serata anche Algorave del musicista programmatore statunitense Renick Bell, una performance di musica ballabile generata da algoritmi che unisce live coding e mapping, con la proiezione in tempo reale dei codici sugli alberi che circondano la sua postazione sonora.

Tra gli artisti del sabato, orecchie puntate su due «emergenti» in ambito elettronico: il deejay parigino di origini polacco-maliane Bambounou, figura chiave del clubbing internazionale, e il russo Buttechno. Più noti la britannica Mica Levi, che si esibisce in un dj-set pur avendo composto e suonato colonne sonore da Oscar come Under the Skin e Jackie, e lo statunitense DJ Stingray (sinonimo di techno made in Detroit).

Domenica, infine, suscitano interesse Sir Richard Bishop, un gigante della chitarra che affonda il linguaggio dell'improvvisazione nei meandri più occulti della musica indiana, nordafricana, mediorientale e gitana, e la canadese Phoebé Guillemot in arte Ramzi, che produce suoni e voci che evocano la natura più strana, misteriosa e incontaminata attraverso un personale linguaggio dell'immaginazione.

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