Vita da crocerossine: «Portare la pace è la nostra missione»

Così femminili, così caritatevoli, così guerriere. Portano un simbolo che più evidente non si può, una Croce Rossa sul camice bianco, eppure conducono una vita riservata quanto necessaria. Le Crocerossine appartengono all'ordine caritatevole più celebre e numeroso del mondo, perché fanno leva sul forte sentimento della donna: salvare l'essere umano in tutti i modi e in tutte le situazioni, per portarlo alla pace con se stesso e con il mondo. Si sono chiuse in questi giorni giorni le iscrizioni per il corso di due anni, alla fine del quale si diventa infermiere delle Croce Rossa, un ruolo che per molte ragazze potrebbe avere solo il sapore di un romantico passato dall'odore di amido nelle sottane, quando invece non è mai stato così vivacemente attuale vista la situazione che l'umanità sta vivendo. «Nei giorni d'emergenza nel giugno scorso, quando gli immigrati continuavano ad arrivare, abbiamo lavorato alacremente sulle strade milanesi con le nostre unità. Portiamo il camice bianco, ma non abbiamo mai avuto paura di sporcarci le mani» racconta Chiara Caraffa, ispettrice provinciale delle infermiere volontarie di Milano. Per iscriversi al corso sono necessari tre requisiti: un'età compresa tra i 18 e i 55 anni, la cittadinanza italiana e un diploma di scuola media superiore. La scelta di indossare quella Croce Rossa e quel camice non è semplice, anzi, ma oggi più che mai è il momento di affrontare i colori forti della vita, le sfumature non ci aiutano a essere noi stesse. In due anni sono duemila le ore di corso. «Quando vent'anni fa presi questa decisione i miei genitori cominciarono a chiamarmi la Giovanna D'Arco della famiglia. Sono una persona timida e mi ritrovo quando entro nella sede della Croce Rossa, un luogo così incredibilmente femminile. Mi crede? Ho tre figli e una bella famiglia, ma mio marito non è mai entrato alla Croce Rossa, è un lato della mia vita molto riservato, riservato a noi Sorelle, come ci chiamiamo tra noi». C'è sempre reverenza «virile» verso quella Croce Rossa che viene da un campo di sangue dopo la battaglia di Solferino nel 1859, terreno sofferto della Seconda guerra d'indipendenza. Lo vide lo svizzero Jean Henri Dunant, e vide le donne di Castiglione delle Stiviere assistere i feriti agonizzanti. Il primo, futuro Premio Nobel per la Pace concepì un corpo d'assistenza neutrale, che avrebbe soccorso tutti campi di battaglia della terra. Le Crocerossine da allora ci sono: dalle strade delle nostre città, quando si riempiono di donne e uomini che lottano contro la miseria, ai luoghi in cui la guerra ha proprio questo nome, guerra, un nome che l'umanità spera sempre di non dover mai pronunciare, quando invece è stato pronunciato da poco dopo i terribile fatti di Parigi, il 13 novembre scorso.«Noi donne siamo la forza che porta sempre la pace - ci viene spiegato ancora - e questo dobbiamo continuare a essere.

Sono certa che sono tante le ragazze che sentono l'impellenza di questa missione e che non hanno il coraggio di dirlo». Per dirlo basta iscriversi a un corso, non serve tanto se non il coraggio di mettersi seriamente alla prova.

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