Da noi gli appassionati di jazz lhanno definitivamente scoperta a Perugia, durante lUmbria Jazz Winter 2009, ma in America, e soprattutto nella ventosa Chicago che vive di blues, Dee Alexander è da tempo una star.
La cantante dallincredibile tecnica, che usa la voce come uno strumento, sarà domani mattina alle 11 al Teatro Manzoni, per «Aperitivo in concerto», con lunica data italiana del suo Jimi Hendrix Tribute.
Cantante atipica, dalla vocalità risonante e versatile, passa disinvoltamente dal puro gospel al neo soul, dal rhythmnblues al jazz debordando nellavanguardia con le collaborazioni alla Big Band dellAssociazione per il Progresso della Musica Creativa (propaggine della Association for Advancement of Creative Musicians fondata dal pianista Muhal Richard Abrams). «Mi sono innamorata del jazz da bambina - racconta Dee Alexander - quando mia madre mi faceva ascoltare i dischi di Billie Holiday. Non che mi piacessero tanto le sue ballate così tristi, ma da lì ho capito che puoi interpretare un pezzo jazz cento volte in cento modi diversi». E questa è la base su cui si muove la sua arte così imprevedibile e a volte spiazzante. Così rilegge il repertorio di Ray Charles o incide dischi pluripremiati come Wild Is the Wind (dove in alcuni brani la voce diventa al tempo stesso strumento e suono naturale), si esibisce col suo Evolution Ensemble ma collabora con artisti davanguardia come Ahmad Jamal, David Sanborn, Malachi Thompson, Roy Ayers. «Nulla apre la mente come le collaborazioni o i nuovi esperimenti - ricorda la Alexander - non bisogna aver paura del nuovo; il jazz spesso è un volo senza rete». Così, confermando il suo coraggio e la fluidità non comune della sua voce, va a riprendere - come ha già fatto con successo lanno scorso - il complicato repertorio di Jimi Hendrix. Hendrix parlava con la chitarra, la faceva urlare, gemere di dolore, sibilare con il sinistro rumore delle bombe al napalm in Vietnam (a Woodstock la sua stravolta versione di Star Spangled Banner, linno nazionale americano, è entrata per questo nella storia); Dee Alexander è una delle poche artiste in grado di trasformare in vocalizzi i suoni spasmodici di quella chitarra e di dar loro una fluidità ritmica e modulatoria allinsegna dellimprovvisazione. È impossibile imitare Hendrix persino con la chitarra; figurarsi catturare con la voce i suoi imprendibili assolo.
Per di più con un gruppo acustico - e quasi cameristico - come lEvolution Ensemble che vede in prima fila lipercreativa collega (già compagna di mille avventure) Tomeka Reid al violoncello, Scott Hesse alla chitarra, Junius Paul al contrabbasso e al basso elettrico, Ernie Adams alla batteria (la stessa band che lha accompagnata altre volte in Italia, con il chitarrista Hesse, visto il programma hendrixiano, al posto del violinista James Sanders). Una mattinata non propriamente jazz ma di certo ricca di sorprese.
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