La «volontà criminale» dell'assassino di Jessica

Il carcere a vita a Garlaschi per l'omicidio della 19enne: «Ha punito il suo rifiuto»

Una «lucida volontà criminale» che si trasforma in un atto «punitivo» di fronte al rifiuto di Jessica Faoro di soddisfare le sue richieste sessuali. Così il giudice di Milano Alessandra Cecchelli motiva in 31 pagine la condanna all'ergastolo inflitta il 14 dicembre al 40enne Alessandro Garlaschi per l'omicidio della 19enne, ammazzata nell'appartamento cittadino dell'uomo in via Brioschi il 7 febbraio di un anno fa.

Una «brutale violenza» che si realizza in un tempo prolungato «tale da consentire almeno 85 coltellate, approfittando dell'ora notturna e della fragilità della giovane vittima, sola con lui in casa, senza persone a cui chiedere aiuto e fiduciosa ancora di poter trascorrere una notte serena». 

Il corpo della vittima restituisce «una condotta non soltanto violenta - scrive il giudice nelle motivazioni -, ma conformata ad un intento aggressivo tenace prolungato quanto cruento».

Il 39enne ex tranviere che aveva dato ospitalità a Jessica in cambio di piccoli lavori domestici, ha agito con l'aggravante dei motivi futili e abietti, «innegabili le sevizie e la crudeltà adoperata» prosegue ancora il giudice che rileva una condotta «riprovevole», rivelandone «l'indole malvagia e l'insensibilità a ogni richiamo umanitario».

Giudicato con rito abbreviato, a Garlaschi non è stata riconosciuta l' infermità mentale, avendo mostrato per il gup Cecchelli un chiaro intento omicida. «Non ha mai mostrato segni di pietà o ravvedimento né intenti risarcitori. Ha proferito poche parole sulla vittima senza far emergere vissuti di colpa o vergogna per quanto commesso - scrive ancora il giudice -. Non solo: dopo averla uccisa ha sfregiato la vittima decidendo di cospargere di alcol il corpo e dargli fuoco».

Un atto che costituisce «una manipolazione dei resti umani obiettivamente idonea ad offendere il sentimento di pietà verso i morti e non una azione volta alla distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere», conclude il giudice.

Eliana Capizzi, legale della madre di Jessica, ha commentato: «Nessuno potrà restituire alla mia assistita la figlia, ma la sentenza rende vera giustizia terrena alla giovane».

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