Invece di versare soldi, meglio pagare i lavoratori con visite mediche, permessi per assistenza ad anziani e persone non autosufficienti, abbonamenti ai mezzi pubblici o persino la palestra. Si chiama welfare aziendale e sembra che su questo modello si stiano orientando le aziende.
Il motivo lo spiega l'avvocato Francesco Rocco di Torrepadula al convegno su questo tema che si è tenuto ieri all'università Statale: «La previdenza pubblica è in crisi per due fattori: contrazione del gettito fiscale conseguente alla crisi economica e allungamento della vita umana, dopo che la legge del 2016 ha stabilito la convertibilità dei premi di risultato in prestazioni di welfare il tema è tornato in primo piano».
Secondo il professore di Diritto del Lavoro Giuseppe Ludovico «il welfare aziendale può diventare il pilastro del sistema sanitario perché l'unico vincolo costituzionale è lo scopo pubblicistico. Già ora il 25% delle spese mediche totali è a carico solo delle famiglie». Il collega Michele Squeglia ha però precisato che resta una diffidenza su questi temi: «Secondo le ultime ricerche l'80% dei lavoratori preferisce denaro in busta paga a prestazioni di altro tipo».
Ma la situazione cambia da azienda ad azienda. All'Ilva secondo il manager Luca Trevisan non sarebbe una questione contabile: «Si fa per fidelizzare il dipendente, perché servizi come l'auto aziendale a noi costano poco ma psicologicamente per i lavoratori significano molto». Alla Pirelli invece il welfare aziendale ha una lunga tradizione: «I primi permessi per assistere i parenti risalgono al 1917 - ha affermato il manager Roberto Forresu - e c'è ancora il nostro poliambulatorio interno». All'Atm i nidi interni sono «aperti da tre anni anche ai nonni lavoratori» ha puntualizzato Simona Zandonà. «Per noi è una questione centrale occuparci della salute psicofisica degli impiegati perché abbiamo 1600 over 65 su 9000 dipendenti e da qui a 5 anni saranno il doppio».
Renato Cerioli, gruppo San Donato, ha invece difeso l'universalità del sistema sanitario «che ai cittadini costa il 30-40% meno di quello francese e tedesco e offre coperture più ampie». E aggiunge: «Con le nuove leggi si legalizza il nero permettendo di offrire prestazioni annullando il cuneo fiscale. Potrebbe servire anche a combattere la crisi demografica se si punta sulle cure ai famigliari.
Anche i sindacati ne hanno capito le potenzialità». C'è infine chi, come Credimi, unica startup presente al simposio, applica il welfare aziendale per fidelizzare i dipendenti offrendo «alloggio e servizi aggiuntivi» come ha esposto la responsabile Francesca Todeschini.
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