Un milione di euro ogni tre mesi Ecco il bottino dei postini ladri

Arrestati diciassette dipendenti del centro di smistamento di Peschiera Borromeo (Milano). Indagati altri ventitré

Alessandra Pasotti

da Milano

Come a Linate. Come a Malpensa. Con la differenza che invece di frugare nelle valigie, mettevano le mani nelle buste. Con un fiuto da veri esperti sapevano individuare la corrispondenza interessante: quella che conteneva soldi, assegni o oggetti di valore. In tre mesi gli addetti allo smistamento del Centro postale di Peschiera Borromeo (il più grande d’Italia) sono riusciti a mettere le mani su settecentocinquantuno assegni, di cui almeno venti con cifre superiori ai 100mila euro l'uno. E poi: mazzette di dollari, franchi, sterline. Valuta che italiani immigrati in Argentina, Australia, Venezuela, Stati Uniti, inviavano in Italia a parenti e amici, ma soprattutto ad associazioni caritatevoli, parrocchie, comunità. Donazioni spontanee che i mittenti non sapevano di dover ricevere: difficilmente dunque qualcuno si sarebbe accorto della loro scomparsa. In totale sono 40 i dipendenti fermati dalla polizia Postale di Milano: 17 sono stati arrestati e altri 23 sono indagati per peculato e violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza.
Smistando la posta, i postini infedeli individuavano lettere e plichi «interessanti» e poi li portavano nei bagni, il loro quartier generale, dove ne controllavano il contenuto.
Oltre ai soldi, da pacchi e buste postali, i 40 della «banda del water» sottraevano di tutto: telefoni cellulari, orologi, penne, videocamere, macchine fotografiche. Uno dei quaranta ha commesso oltre cento furti. In 3 mesi ne sono stati individuati oltre 600. Sinora il valore ammonta a un milione di euro, ma è in costante aumento perché, spiegano gli inquirenti, «stiamo stilando ora l’inventario». E, si presuppone, che sia solo una piccola parte di quanto i 40 hanno sottratto dai plichi. A casa di uno dei 17 finiti in manette gli agenti hanno trovato due sacchi postali pieni di lettere ancora da «spogliare». E proprio le lettere erano le più ambite perchè potevano contenere soldi contanti.
«Ogni giorno andavo a lavorare certo che quello sarebbe stato il giorno buono, che avrei fatto il colpo: avrei trovato la busta “d'oro“ con una somma record, la svolta», ha detto uno degli arrestati agli agenti. Mentre un altro prelevato nella notte dalla sua villa in Brianza ha confessato che «ormai quello di rubare era come una droga. Non potevo farne a meno». «Gli assegni che si prelevavano all'interno dell'ufficio postale di Peschiera Borromeo, si davano a dei gruppi malavitosi, di delinquenti ben organizzati, i quali a loro volta non facevano altro che aprire conti correnti all'estero». ha detto un ex impiegato. Chi li dava, aveva il 10% per sè». In molti sapevano quanto avveniva. Ma, come hanno spiegato gli inquirenti, non dicevano nulla per quel clima di omertà che si era creato. Quelli (pochi) che avevano «osato» denunciare l’accaduto, si erano trovati con le gomme dell’auto tagliate. Le indagini coordinate dal pm Sandro Raimondi, erano partite dopo una denuncia della direzione del centro postale. Cinque poliziotti si sono finti impiegati per mesi. Ma a incastrare i quaranta dipendenti sono state, ancora una volta (come già negli aeroporti) le telecamere piazzate nei bagni dove venivano aperte le buste.
«Poste Italiane Spa sarà inflessibile verso questi dipendenti. Per loro è stato preso un provvedimento di sospensione immediata e verrà avviata la procedura di licenziamento», ha dichiarato Stefano Grassi, direttore centrale della tutela aziendale delle poste di Peschiera Borromeo.
Le indagini ora puntano a individuare se alcuni avessero contatti con organizzazioni criminali alle quali vendevano le carte di credito e gli assegni rubati, ha spiegato Maurizio Masciopinto, direttore della seconda Divisione operativa della Polizia Postale.

Gli assegni bancari e circolari (751 quelli sequestrati) venivano cambiati in banca dopo che erano stati aperti conti correnti intestati a persone inesistenti grazie a documenti falsi. Alle volte i titoli finivano in mano a ricettatori che li falsificavano aumentandone le cifre.

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