Mills: «Non ho ricevuto quei soldi dal premier»

Il marito del ministro britannico Tessa Jowell: «I 600 mila dollari hanno un’altra provenienza»

Anna Maria Greco

da Roma

Una smentita a tutto tondo, «al cento per cento» come dice l’avvocato inglese David Mills. In patria sul Guardian e in Italia su La Repubblica, afferma di aver già presentato alla Procura di Milano «prove incontrovertibili» che i 600mila dollari sui quali indagano i magistrati non gli sono arrivati da Silvio Berlusconi o dal suo gruppo. «È tutto falso. L'insistenza su queste speculazioni malgrado la loro infondatezza può avere solo una motivazione politica», osserva l’avvocato. Eppure, secondo i pm milanesi quei soldi sarebbero stati il prezzo della sua corruzione e per questo il premier ha ricevuto un avviso a comparire.
Anche Flavio Briatore ha la sua precisazione da fare: non è vero, come ha scritto ieri Repubblica, che sia stato il suo interrogatorio a coinvolgere il premier e la Fininvest. L’imprenditore e manager del team Renault è stato ascoltato in primavera come teste dai sostituti procuratori di Milano De Pasquale e Robledo, ma sottolinea: «In quell'occasione non ho fatto affermazioni inerenti al presidente del Consiglio Berlusconi. Quindi, è impossibile che sia stato indagato in conseguenza della mia deposizione». Briatore definisce quanto scritto da Repubblica «falso e diffamatorio» e per questo dice di aver dato mandato ai suoi legali di tutelarlo «in tutte le sedi opportune».
La vicenda da cui sarebbe nato l’ordine di comparizione per il premier risale al 1997 e Mills spiega di aver dato «una spiegazione» sul movimento di denaro un anno fa e di aver anche «fornito una documentazione di parte terza negli ultimi sei mesi».
Le rivelazioni fatte giovedì dal Corriere della Sera sul mandato di comparizione per Berlusconi ed il suo ex-avvocato inglese hanno avuto ampio risalto sulla stampa britannica, soprattutto perchè Mills, 59 anni, è il marito del ministro alla Cultura nel governo Blair Tessa Jowell. Il noto avvocato spiega che il 3 dicembre è stato convocato al palazzo di Giustizia di Milano, ma «in accordo con i magistrati» è stato rinviato l'incontro.
Il suo legale italiano, Federico Cecconi, conferma che già un anno fa sono stati presentati alla Procura milanese «i riscontri documentali, estratti conti, eccetera che dimostrano come alcune somme di denaro delle quali si ipotizza una certa provenienza, ne abbiano invece un'altra. Quel che è certo è che non hanno origine dal gruppo Mediaset». A questo punto, i magistrati avrebbero avviato i loro riscontri e per questo si sarebbe preferito rinviare l'incontro con Mills alla fine delle loro indagini. «Abbiamo depositato - dice Cecconi- una memoria, per ribadire quanto già i nostri documenti dimostrano».
Quanto al conto svizzero di Mills, l’avvocato afferma: «La questione è complessa: ci sono dei conti di appoggio dello studio, anche esteri, dove sono affluite somme diverse. Ma ribadisco che manca qualsiasi riscontro all'ipotesi dei pm relativamente all'origine di questo denaro».
Insomma, sia Mills che il suo legale sembrano sorpresi del seguito che ha avuto una vicenda che consideravano da tempo chiarita. E che il primo quotidiano italiano abbia enfatizzato l’accusa senza una parola sulla difesa del caso.
Proprio per questo motivo il vicecoordinatore di Fi, Fabrizio Cicchitto, attacca il Corriere della Sera che, non solo ha violato il segreto istruttorio, ma lo ha fatto «tagliando la deposizione di Mills» dal materiale processuale a disposizione.

«Un’operazione di cecchinaggio fatta per chiarissime ragioni politiche per aprire una atipica campagna elettorale», protesta l’azzurro. E ricorda che già quando il Corriere della Sera «fece uno scoop nel novembre del 1994 poi, alcuni anni dopo, Berlusconi fu assolto nel processo derivante da quell'avviso di comparizione».

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