Un mimo-ballerino rivive la storia del soldato

Al Verdi una versione liberamente ispirata all’opera del compositore Igor Stravinskij. Il regista: «Un gioco che sfugge di mano»

Un mimo-ballerino rivive la storia del soldato
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Matteo Failla

Il Violino, il soldato e il diavolo, liberamente ispirato a L’histoire du soldat di Igor Stravinskji, per il teatro del Buratto è qualcosa in più di un semplice allestimento: ora replicato al teatro Verdi fino al 12 giugno, una versione evoluta rispetto a quella degli anni Settanta. Perché è vero che in questa messa in scena si ripercorre un’antica storia sempre affascinante da narrare, che non cambia mai rimanendo sempre attuale nei temi dell’avidità e della stoltezza degli uomini». In virtù del linguaggio – spiega il regista Stefano Monti –, che è fatto d’immagini e musica e del superamento delle barriere linguistiche, lo spettacolo si spinge verso temi della contemporaneità. Le forme, i linguaggi espressivi si contaminano e si modificano, ma i contenuti dei classici ritornano e si ripropongono nel tempo». E certo gli interventi di evoluzione dello spettacolo rispetto alla prima versione del Buratto non sono di poco conto.
«Anzitutto si aggiunge la presenza di un mimo ballerino che si relaziona con le forme e gli oggetti animati - spiega Monti – e poi il nostro interprete protagonista, nei panni del soldato, interagisce in modo diretto con gli animatori. Parti del corpo di questi ultimi entrano in relazione con il protagonista e diventano oggetto dell’animazione e del racconto. Uno spettacolo che utilizza la tecnica su nero andrebbe visto da due punti diversi: dalla platea, gustandone la teatralità, e dal «dietro le quinte», per vedere la realtà “cruda” degli animatori». Ma cambiamenti non si limitano a questo: nella nuova versione si assiste a un diverso inizio della storia, che se nel primo allestimento cominciava dal soldato che fa ritorno a casa, ora invece racconta di un gioco che sfugge di mano: il divertimento di due giocatori diviene un gioco cruento, una guerra in cui chi vince sta nascosto nell’ombra. Un’importanza strategica è data dalla musica di Stravinskji, che Alessandro Melchiorre ha voluto alternare tra l’originale de L’histoire du soldat e il suono onirico di alcuni brani strumentali che si rifanno all’organico stravinskiano. «La musica usata è quella di un violino – afferma Melchiorre - diviso però tra due atteggiamenti: il violino suonato dal soldato e la sua deformazione quando se ne impossessa il diavolo e ne muta i gesti».

La riscrittura di Rocco D’Onghia dona un nuovo senso alla vicenda del violino incautamente ceduto dal soldato al diavolo: il povero soldato riuscirà in qualche modo a riprendere il suo violino perché nessuno può rubare la libertà dell’altro.

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