L'Aquila - La brigatista Nadia Desdemona Lioce, è indagata dalla procura dell’Aquila per l’ipotesi di reato di associazione con finalità di terrorismo, in relazione alle intimidazioni al presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco. Secondo quanto si è appreso soltanto oggi, l’11 aprile scorso la cella della Lioce è stata perquisita da personale della polizia penitenziaria. È stata sequestrata una busta bianca con un testo di due righe: nelle quali si legge "...ne do...asco ne..." e nella seconda riga "religios...".
Il fascicolo L’inchiesta è condotta dal pm della procura dell’Aquila, Alfredo Rossini, che ha convalidato il sequestro della busta. La vicenda è finita al vaglio del tribunale del Riesame dell’Aquila e ora sarà un incidente probatorio, chiesto dal pm, e fissato nei prossimi giorni, a chiarire la natura delle scritte e se la busta sia riconducibile alla Lioce. Nel decreto di convalida del sequestro il pm scrive che Nadia Lioce è indagata perché "partecipava all’associazione denominata Br al fine di organizzare con attività anche di attentati con finalità di terrorismo mantenendo contatti con persone da identificare che agiscono in stato di libertà comunicando a mezzo di messaggi cifrati dalle carceri dove è detenuta".
Il sequestro Nel verbale di sequestro, redatto dalla polizia penitenziaria, si legge che la perquisizione - fatta nella cella della Lioce unica detenuta, in regime di 41 bis, nella zona "gialla" del carcere dell’Aquila - è stata sequestrata "una busta bianca da lettera non utilizzata, senza timbri di censura, né in arrivo, né in partenza, recante sulla parte superiore, quella che si ripiega per la chiusura, una piccola striscia di carta sovrapposta alla busta stessa". La striscia "ricopre un rettangolo annerito con un testo dattiloscritto di due righe in gran parte illeggibile. Le uniche lettere comprensibili sono contenute nella parte centrale del testo, ovvero nella prima riga: ’...ne do...asco ne...’ e nella seconda riga ’religios’.Tale sequestro - continua il verbale - si è reso necessario dal momento che in tali parole possono ravvisarsi elementi di reato, tenuto conto della posizione processuale della Lioce e alla luce dei recenti fatti di cronaca in materia di terrorismo riportati dai mezzi di comunicazione".
La difesa "Come militante Br-Pcc prigioniera, dichiaro di disconoscere qualunque attribuzione surrettizia a me personalmente o all’organizzazione a cui appartengo, di contenuti più o meno politici estranei alla linea politica praticata e proposta dalle brigate rosse per la costruzione del partito comunista combattente, che sostengo e nella quale mi sono più volte pubblicamente riconosciuta". È un passaggio della lettera firmata da Nadia Desdemona Lioce e indirizzata al tribunale del Riesame, con la quale prende le distanze dall’accusa di essere coinvolta nelle minacce a monsignor Angelo Bagnasco. "Intendo fare chiarezza - prosegue la lettera della Lioce - sul tentativo di strumentalizzazione di cui sono stata oggetto l’11 aprile scorso nel carcere dell’Aquila in cui sono prigioniera".
Gli avvocati "È assurdo che da pezzi di frasi incomprensibili si sia formulata un’accusa assurda. Un’accusa che a nostro giudizio è strumentale per poter sostenere ancora l’esigenza del regime di 41 bis"». È quanto spiegano i difensori della Lioce, gli avvocati Caterina Calia e Carla Serra, in merito all’inchiesta della procura dell’Aquila.
"Nessuno ha mai visto quella lettera, a parte il pm che l’ha chiusa in cassaforte - spiegano gli avvocati - è grave che tale accusa sia stata confermata dal Riesame e che debba essere necessario un incidente probatorio. Un’accusa che viene smentita dalla stessa Lioce che ha depositato un documento al Riesame".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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