MilanoUno straccio imbevuto di benzina. Poi le fiamme. Così è stato danneggiato nella notte fra sabato e domenica il portone della sede della Lega a Gemonio, nel Varesotto. Nulla di grave, ma Gemonio è il paese in cui abita Umberto Bossi. Labitazione del leader del Carroccio è a un centinaio di metri dal luogo dellattentato. E sempre a pochi metri di distanza su un muro è comparsa una scritta minacciosa: «A morte Bossi più i secessionisti».
Niente di allarmante, intendiamoci, ma la geografia dei luoghi dà visibilità a chi ha voluto mandare quellavvertimento. Certo, non sarà facile risalire agli assalitori. Due anni fa il pericolo fu più tangibile: qualcuno, armato di audacia, arrivò fin sulla soglia della villetta in cui vivono Bossi, la moglie, i tre figli. E incendiò lo zerbino. Un episodio poco rassicurante che ebbe una conseguenza immediata: fu rafforzata la sorveglianza attorno allabitazione.
Ora si colpisce una sede piccola del partito, ma di alto valore simbolico, perché Gemonio è un nome che è entrato, come Arcore per Berlusconi, nelle case degli italiani. E il fatto che lincendio sia stato accompagnato da quella frase sgangherata chiarisce bene il tentativo di intimidazione avvenuto. «La violenza non ci fermerà - è la reazione del capodelegazione della Lega al Pirellone, Davide Boni - anzi ci sprona ad andare avanti con più forza e coraggio».
Solidarietà trasversale anche da Lia Quartapalle, coordinatrice del circolo 02PD di Milano e dunque avversario sul piano politico e culturale: «Giusto un mese fa la nostra sede è stata oggetto di uno spiacevole episodio e in quelloccasione abbiamo avuto modo di apprezzare la condanna da parte della Lega. Oggi condanniamo con la stessa forza quel che è accaduto a Gemonio e le minacce a Bossi».
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