Mini-maturità alle medie: esame per 30mila ragazzi

Dubbi dei presidi: «Non tiene conto delle differenze»

Anche per gli studenti che devono passare dalle medie inferiori alle superiori sono previste quest’anno delle prove nazionali. Finora questi esami erano gestiti autonomamente dalle scuole, ciascuna con propri compiti e criteri di valutazione. Ora ci sarà un esame di Stato in italiano e matematica: insomma una sorta di «mini-maturità». Per la prima volta si andrà a verificare la preparazione degli studenti sulla base di prove uguali per tutto il territorio nazionale.
A Milano e provincia i candidati sono poco meno di 30mila. Impossibile un calcolo preciso: è necessario aspettare lo scrutinio finale per sapere chi è ammesso a sostenere l’esame. Per tutti l’appuntamento è per il prossimo 17 giugno, una decina di giorni dopo la conclusione delle lezioni. Ogni scuola dovrà ritirare il giorno prima le buste contenenti i testi da utilizzare per le discipline previste, italiano e matematica. La prima sarà di comprensione della lettura e di conoscenze grammaticali (con questionario). Nella prova di matematica ci saranno quesiti a scelta multipla e a risposta aperta.
Le prove si aggiungono a quelle tradizionali, scritte e orali. Il significato dell’innovazione? «La valutazione a livello nazionale degli apprendimenti degli studenti - si legge nella direttiva ministeriale che la propone - costituisce il necessario completamento dell’autonomia scolastica, e consentirà il progressivo allineamento a standard di carattere nazionale da poter sospingere con mirate azioni di stimolo e di sostegno, verso il raggiungimento di crescenti livelli di qualità».
Una sfida tutto sommato non facile, che già ha sollevato non poche perplessità. «Questa innovazione – osserva Loredana Leoni, responsabile lombarda dell’Andis (Associazione nazionale dirigenti scolastici) – non è certo una sorpresa, perché da tempo se ne parla. Tutto dipende dal tipo di prove che verranno proposte, perché ancora non è chiaro se si andrà a verificare le competenze raggiunte dai ragazzi o le conoscenze acquisite. Due ambiti diversi, che ogni scuola ha gestito a seconda del tipo di utenza presente».
Prove uguali, insomma, per studenti e scuole diverse.

Da qui il timore dei dirigenti scolastici: «Ci sono scuole particolarmente svantaggiate – continua la Leoni - per la presenza di alunni stranieri o in difficoltà in numero preponderante, quindi con diversi punti di partenza nella preparazione degli allievi. Non si può non tenerne conto. Partiamo allora con questa innovazione, ma stiamo attenti a verificare che cosa va e che cosa non va, in modo da correggere eventualmente l’intervento per la prossima occasione».

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