Dirò cose, ancora una volta, impopolari. Quindi giuste. Nella generale indignazione sui costi della politica, fino al ridicolo scandalo, arrivato al Corriere della Sera, per i 100mila euro spesi dalla Regione Sardegna per l'acquisto di due automobili nuove («raddoppia la spesa per le auto blu»!: fa sempre effetto anche se non si evidenzia la cifra che si raddoppia, in questo caso
piuttosto modesta), non poteva
mancare la denuncia sui troppi
ministri e sottosegretari: ben
100! Non ho letto di nessuno, neanche
tra i ministri e i sottosegretari,
che si sia ribellato. Anzi: Mussi
si è dichiarato disponibile a rinunciare
al suo mandato e, naturalmente,
Prodi ha sposato la causa:
«Dimezzare il numero dei ministri?
Potrebbe essere un'idea».
Il sottinteso è che i cittadini plaudano,
nella condivisa considerazione
che nei luoghi del potere,
nel «Palazzo», vi siano sprechi,
privilegi, guadagni favolosi e indebiti.
In questo clima accusatorio e
penitenziale, il ricatto psicologico
èlostesso che, nel '93, indusse deputati
sotto schiaffo a cancellare
l'immunità parlamentare, considerata
un odioso privilegio anche
da quelli che ne erano titolari, così
che al disegno di legge che la
cancellava, fui l'unico a votare
contro per preservarla. Mi rendevo
conto che i miei scontri con i
magistrati,chemiavrebberoportato
a ricevere 290 querele, erano
tutti di natura politica ed era
difficile affrontarli senza uno scudo
che mi garantisse di parlare.
Ma,d'altra parte, ero anche l'unico
che parlava. Da ultimo, la Cassazione,
per difendere i magistrati,
e cioè la propria categoria di
appartenenza, è arrivata a sancire
che un parlamentare (sempre
io) non si può permettere di dire
che una sentenza è politica.
Con
buona pace di Andreotti. Mafioso,
benché assolto, grazie all'uso abile
dello strumento della prescrizione,
ovvero: si prescrive il reato,
o l'ipotesi di reato non processualmente
accertato? Ma adesso
siamo al tema ancora più facile
dei costi della politica. Un ministro,
in quanto tale, al di là dei
suoi meriti e delle sue funzioni, costa;
è, quindi, bene abolirlo. Questa
la logica, anche di Prodi. Con
lo stesso principio, un grottesco
referendum portò i cittadini a votare
per l'abolizione di due ministeri:
quello del Turismo e quello
dell'Agricoltura. Il secondo non
riuscirono a farlo morire: cambiò
soltanto la denominazione; prima
«Risorse agricole», ora, «Politiche
Agricole». Si tratta, ovviamente,
di due ministeri essenziali:
ma se tu proponi con un referendum
al popolo di cancellare il
ministero degli Interni e il ministero
degli Esteri, ottieni sicuramente
un plebiscito per eliminarli.
Le
idiozie, i comportamenti autolesionistici
non si contano, ed è evidente,
anche agli sciocchi, che
Agricoltura e Turismo sono ministeri
necessari per l'Italia. Nessunosi
pone il problema della qualità
degli uomini. Il problema è: chi
va all'Agricoltura o chi va al Turismo.
Così come all'Informazione
o alla Sanità. Soltanto Benedetto
Croce, molti anni fa, aveva indicato
il nocciolo della questione, con
una frase antiretorica ed eversiva,
ben oltre la fasulla «questione
morale», aperta con Tangentopoli,
a partire dal 1992: «Il vero politico
onesto è il politico capace».
Il
problema non è la quantità, ma la
qualità dei ministri, non il numero,
ma le persone. La mia proposta
è altrettanto eversiva: più ministri
e più sottosegretari (capaci)
con responsabilità più definite e
ristrette. Perché soltanto cento
uomini di governo? Perché soltanto 26 ministri contanti
temi e problemi
da risolvere? Il cinema non
merita forse un ministro? Il teatro,
perché deve stare con i Beni
Culturali? E perché la Protezione
Civile, tanto importante ed efficace,
non è più un ministero? Ma ha
un«capo»che vale più di un ministro?
Perché non moltiplicare le
responsabilità?
Prodi dichiara:
«So bene che siamo troppi. È statounerroredapartenostra». Ancora
una volta generico. Chi sono
i troppi? Che ruoli hanno? Quali
dicasteri? Prodi ha conservato i
ministeri inventati da Berlusconi
per sistemare prima Pisanu poi
Scajola, alternati al ministero degli
Interni: l'incredibile ministero
per l'Attuazione del programma.
È inutile il ministero, o il ministro
Santagata? Osserva giustamente
Linda Lanzillotta: «Non è un problema
di nomi, madi consistenza
delledeleghe».
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