Il ministro Scajola risponde a un lettore sul «made in Italy»

Caro Direttore,
accolgo volentieri l'invito del lettore Domenico Dorsi che sul «Giornale» mi sollecita ad esortare i nostri concittadini a «consumare italiano», come ha fatto il collega Zaia prima di Natale per i prodotti agricoli e alimentari. Del resto, penso che gli italiani siano perfettamente in grado di orientare le proprie scelte di consumo tenendo conto anche della «nazionalità» dei prodotti. Tuttavia, mi permetto di sottolineare che, come la storia ampiamente dimostra, l'autarchia, se spinta oltre il livello delle autonome scelte personali, sarebbe molto dannosa per le relazioni internazionali e soprattutto per l'Italia, che è una grande potenza del commercio internazionale e ricava dalle esportazioni una parte rilevante del proprio reddito e della propria occupazione. Per quel che riguarda in particolare l'industria automobilistica, pensi che solo il 15% circa della nostra occupazione nel settore riguarda i marchi italiani. Tutto il resto si riferisce a componentistica, marketing, servizi commerciali relativi a marchi non italiani. Mi creda, un mondo di autarchie e protezionismi sarebbe assai meno sviluppato e anche molto meno sicuro.

Intanto mi fa piacere che il ministro Scajola abbia risposto a una semplice lettera, una fra le tante, pubblicata su queste pagine. Non è da tutti. Questa attenzione alle osservazioni che vengono dal basso gli fa onore: d’altra parte chi l’ha detto che le intuizioni più geniali le abbiamo sempre i grandi esperti? Anzi. C’era un mio amico che diceva: ci sono tre modi per buttare via i soldi, le donne i cavalli e gli esperti. Con le donne è più divertente, con i cavalli è più veloce, ma con gli esperti è più sicuro. È un buon segno che i ministri si abituino ad ascoltare le voci, magari semplici, dei nostri lettori: sono di sicuro le più disinteressate. E, se permettete, è una piccola soddisfazione anche per tutti coloro (e siete tanti) che scrivono su queste pagine: questa risposta dimostra che, se non altro, c’è sempre una grande attenzione per ciò che si segnala qui. È già qualcosa.
Per quanto riguarda il merito del problema, il ministro ha sicuramente ragione a dire che l’autarchia sarebbe il male peggiore per il nostro Paese. E figuriamoci se i lettori di questo «Giornale», che da sempre si riconoscono nelle idee liberali e liberiste, si mettono a fare il tifo contro la libertà degli scambi. I dazi, a volte, sono necessari per difendersi da concorrenti particolarmente aggressivi (o sleali), ma la strada da seguire non può essere quella dell’integralismo protezionista, anche perché come ci insegnavano all’università, se dai confini degli Stati non passano le merci, dopo un po’, inevitabilmente passano i cannoni. Quello che il nostro lettore sosteneva, credo, è solo che ci vorrebbe un po’ più di amor patrio. Un po’ più di orgoglio tricolore. All’estero sono abituati così: la bandiera del loro Paese viene prima di tutto, prima delle fazioni, prima dei partiti, prima dei litigi da campanile. In Italia, invece, a volte, per vari motivi (o beghe), non valorizziamo le nostre ricchezze. È sbagliato. Mica si tratta di vietare l’importazione dell’ananas: semplicemente si può ricordare che abbiamo delle ottime mele. Mica si tratta di vietare l’importazione dello champagne: semplicemente si può ricordare che abbiamo dell’ottimo spumante. Per questo è stata apprezzata la battaglia di Zaia.

E anche la sua lo sarà, se avrà voglia di combatterla, caro ministro Scajola.

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