da Milano
Nel cinema, diciamolo, non ha fatto una carriera folgorante, anche se ha lavorato con Matt Damon, Ben Affleck, Robin Williams (Will Hunting, dove comunque ha ricevuto la nomination allOscar come miglior attrice non protagonista) e con Brad Pitt e De Niro (Sleepers), eppoi è apparsa come cantante in 007 Golden Eye. Ha fatto anche la produttrice, è passata alla Tv in serial di successo come Will & Grace. Unambiziosa? Una che non ha ancora trovato la sua strada? Una che ci prova ovunque? Magari una versatile, e pure brava; così si presenta linglese Minnie Driver - non una bellezza ma dotata di vitalità prorompente - in versione cantante-chitarrista, con il suo secondo album, Seastories, ricco di ballate che evidenziano la contrastata emotività del suo canto.
Minnie ha iniziato ad esibirsi nei locali londinesi nei primi anni Novanta, sviluppando uno stile jazzy via via sempre più aperto alle suggestioni del pop e del country. Non è la solita imitazione di Diana Krall o di Norah Jones; ai brani intimi e felpati contrappone la morbidezza (mai melliflua) dai sapori country rock e la muscolarità ritmica grazie al contributo della star del rock alternativo Ryan Adams e dei suoi Cardinals. Insomma un incrocio tra Peggy Lee (linsuperabile bionda che partì dallorchestra di Benny Goodman, ottenne un successo strepitoso e, guarda caso, conquistò la candidatura allOscar per il film musical-poliziesco Pete Kellys Blues) e Emmylou Harris. Paragoni impegnativi, certo; ma la voce di Minnie è personale, sinuosa e ben bilanciata, sa decorare la melodia e passare dai toni melanconici a quelli più vivaci e coloriti. Sarà una meteora? Intanto la Universal ha scommesso forte su di lei. Una delle frecce allarco di Seastories è la fantasia di paesaggi sonori, il cambiamento di clima che spazia dal folk jazz di Stars & Satellites alle atmosfere sognanti di Mary passando per la ruvidezza di Beloved. «È il mio album più completo - dice Minnie - esprime lintera gamma delle mie radici, che non tradirò mai anche se cerco sempre qualcosa di nuovo. Non abbandono il cinema, ma la canzone è il modo migliore per mettermi alla prova da sola e in prima persona».
Una ulteriore crescita rispetto al precedente disco Everything Ive Got In My Pocket, legato a un soul pop più prevedibile e meno personale, almeno in brani come quello che dà titolo al cd o lacustico Invisible Girl. Ora cè più varietà tematica, lampi di ispirazione in pezzi come Cold Dark River, King Without a Queen, Lakewater Hair, dai testi non banali e immaginifici.
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