(...) Poiché, «in base al nostro regolamento la maggioranza non può chiedere la fiducia» spiega Minniti. Ma si possono trovare degli escamotage. Come votare l'ordine del giorno proposto dal presidente e sottoscritto solo da 7 consiglieri di maggioranza su 12.
Un pessimo inizio per Minniti che dà inizio alla seduta il cui scopo primario era sostituire Roberta Braggio, pilastro fino a marzo scorso della Giunta, segretaria di Claudio Burlando ai tempi in cui era ministro dei Trasporti, e dimessasi in aperta polemica con lo stesso presidente. Sei mesi di attesa con una giunta dimezzata che ieri prometteva di ristabilire la completezza dell'organo. Ma ci pensa Minniti a spiazzare l'intera sala inserendo a sorpresa la (pseudo) questione di fiducia tra le comunicazioni del presidente che prima fa un lungo elenco dei risultati e degli obiettivi della sua gestione e poi, con un ordine del giorno, chiede «piena fiducia alle sue parole e apprezzamento per il lavoro svolto nell'interesse del territorio». È troppo. Non solo per lopposizione: «in questi anni Sampierdarena è diventata il maggiore mercato della prostituzione genovese» tuonano dal Pdl, ma anche per la maggioranza con Roberta Mongiardini (Rifondazione) che, tanto per fare due esempi, gira la lama nella ferita interna alla maggioranza sulle questioni dell'ospedale Villa Scassi (che rischia di chiudere), e della linea 32 (che è stata tagliata). «Posizioni che non riflettono la maggioranza di questo consiglio», è il segnale lanciato dalla Mongiardini. Che sembra si sia messa d'accordo con il capogruppo Udc, Luca Mazzolino nelle vesti di inusuale difensore di ufficio del ruolo del presidente: «lei cadrà sotto fuoco amico e vittima di giochi di potere di chi è più attaccato alle poltrone che al territorio».
Si vota: 8 favorevoli e 11 contrari. Minniti cade sotto la scure, anzi l'astensione, di Rifondazione comunista (Roberta Mongiardini e Alessio Doga) alla quale si aggiungono Giuseppina Bosco del Gruppo Misto e Elena Di Florio, collaboratrice del commissario regionale Rosario Monteleone e che con la politica di Minniti ha da sempre segnato le distanze rimanendo ancorata al simbolo dell'Ulivo. A Minniti non resta che prendere atto del voto. Che, ricordiamo, non era un vero voto di fiducia. Infatti, invece delle dimissioni, il presidente annuncia: «nei prossimi giorni ogni consigliere riceverà una comunicazione al riguardo». «Quella comunicazione», non gli dà scampo Stefano Tortello (Pdl) subito redarguito da Minniti: «lei non ha nessun rispetto umano». A quel punto viene rinviata la discussione del primo punto all'ordine del giorno: l'assessore non serve più.
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