«Il mio anno d’oro Sono cambiato basta con i comizi»

Esce il dvd Buon sangue live. Il nuovo Lorenzo Cherubini limita gli slogan e dà più spazio alla musica. «Era una scommessa: ho smesso di far discorsi. Per farsi capire bastano i testi dei brani»

Paolo Giordano

da Milano

Jovanotti, lo sa che esattamente un anno fa il suo successo era molto in bilico?
«Me lo ricordo bene, eccome, ero atteso al varco e intorno a me c’era una tensione pazzesca».
Poi proprio all’inizio di maggio sono arrivati il cd Buon sangue, il successo del singolo Tanto 3, i tutto esaurito.
«Diciamo che sono ritornato nel mio ruolo principale: quello di intrattenitore, di entertainer. Hai mai sentito che bel suono ha la parola pop? Quando la pronunci, c’è persino una piccola esplosione in bocca. È la più bella parola del secolo».
Questa non l’avrebbe mai detta: allora lei è un altro Jovanotti.
«È come la differenza tra un saggio e un romanzo. Io ho sempre letto molti saggi, perché sono convinto che mi possano insegnare molto. Ma mi sbaglio: la poesia è essenziale, comunica di più».
Perciò?
«Meno parole e più musica».
Però quando parla Jovanotti sembra il Gange in piena, trascinante, talvolta limaccioso, e il suo volto smagrito s’illumina come quello di un putto. Ma la differenza rispetto al solito sono le pause, i silenzi: stavolta parla anche con questi, li sfrutta, si aiuta e li trasforma in pensieri, allusioni, persino battute. Se volete, la prova è in Buon sangue live, il dvd che esce in questi giorni e riporta pari pari il concerto di Milano del 2005, di cui non si ricordano slogan o comizi ma solo musica, e che musica. Ormai sul palco Jovanotti, oppure Lorenzo Cherubini, è così impegnato a sfogliare il dizionario della sua musica, dal rap al pop al funk al rock, da non aver più tempo (e forse neppure voglia) per regalare quei facili bignamini di vita e politica che andavano allegramente da Che Guevara a Madre Teresa. È una svolta, e ci voleva.
Sarà che tra poco compie quarant’anni.
«Forse anche per questo: e li festeggerò con un libro fotografico che uscirà a settembre per Rizzoli. Ma più che altro ora mi rendo conto che, come si dice, il mio parto non ha avuto gestazione. Ho iniziato ad avere successo a 19 anni, troppo giovane. Sono 18 anni che incido dischi e, soprattutto all’inizio, raccontavo una vita che non vivevo: in realtà passavo il tempo a lavorare come un matto».
Ecco, ha quarant’anni.
«Tutto è stato troppo in fretta e io, come Pinocchio, diventerò bambino solo da grande. In fondo, tutto viene di conseguenza: però bisogna trasformare il pensiero in segno».
Oppure in suono.
«Infatti in tutto questo dvd, come del resto nei miei concerti, non c’è ideologia, niente discorsi. C’è poco parlato perché in fondo bastano i miei testi».
Però è arrivato per ultimo: ormai tutti pubblicano dvd, per lei è il primo.
«Ho sempre avuto la libidine di fare le cose per prime. Io avevo un blog già nel 1995. Si chiamava “Mumble mumble” e passavo il giorno a scriverci sopra. Ora ce l’hanno tutti e quindi basta. Diciamo che adesso mi è venuta la libidine di fare le cose per ultimo».
Magari ha pure smesso di giocare ai videogame.
«Io gioco poco con i videogame, al massimo un quarto d’ora, non di più. Ma mi piace che esistano. E infatti per i primi tre mesi Buon sangue live sarà in una versione speciale con una playstation portatile».
Potenza del marketing.
«Ma non si dice che i rockettari sono un po’ commercialisti? Scherzi a parte, nel dvd non ho neanche voluto l’effetto Festivalbar, con il pubblico sempre illuminato e festante. Ci sono fasi e momenti particolari, insomma è uno spettacolo molto pensato».
Però non esageriamo.
«Ma no, all’inizio di giugno uscirà anche il cd Electro Jova Buon sangue dopato, che è il remix dei miei pezzi fatto da fenomeni come Planet Funk, Casino Royale o Coccoluto. E poi a luglio ritorno in tour.
Disco nuovo?
«Sono in castità compositiva. Ci penserò il prossimo anno».


D’altronde bisogna stare in silenzio per trovare le parole da cantare.
«David Byrne dei Talking Heads dice che oggi i ragazzi non hanno il tempo nemmeno per costruire il buio. Credo che essere adulti significhi anche poter scegliere di star fermi».

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