Gentile direttore, sono uno studente ventitreenne delluniversità di Bologna. Laltro giorno, prima che il professore entrasse ed iniziasse una delle poche lezioni che mi è concesso frequentare causa occupazione della facoltà di Lettere e Filosofia di via Zamboni, ho intrattenuto una conversazione con alcuni colleghi studenti. Facevo riferimento a un articoletto scritto di getto la notte scorsa, perché preso da disperazione. Ragionando più o meno logicamente delle proteste che si stanno verificando in tutto il Paese, mi sono sentito dire - con freddezza e cinismo imbarazzanti - che il mio diritto di assistere alle lezioni, in questo preciso momento, deve essere giustamente subordinato a quello di coloro che vogliono opporsi allapprovazione del ddl Gelmini.
Ciò che è seguito allinfelice diverbio sono stati un grandissimo sconforto e unamarezza indescrivibile. Dopo questo episodio, mi sono chiesto cosa potessi fare per luniversità, per i miei coetanei e, più in generale, per il mio Paese. Se linterlocutore è di questa tipologia, se manca completamente il senso liberalista del vivere e se la democrazia di cui tutti si fanno paladini non viene poi applicata nella vita vera, cosa può fare un giovane ventitreenne, decisamente controcorrente e più contestatore di tutti quei ragazzi che in questi giorni sono saliti sui monumenti, e che così facendo mi hanno impedito di «conoscere», per cambiare lo stato delle cose?
Spero in una vostra gentile risposta. Io sono a corto di idee. Allego le poche righe scritte laltra notte: «Fonti attendibili - giornalisti di professione inviati a Roma, Firenze, Pisa e Torino - riportano la più o meno nutrita partecipazione ai cortei, svoltisi in giornata contro la riforma Gelmini, di studenti universitari, liceali, impiegati statali e ricercatori. Una domanda sorge spontanea. E i docenti ordinari e quelli associati, mentre alla Camera veniva approvata, non senza difficoltà, parte del ddl, cosa stavano facendo? Non trovate strano il fatto che coloro che dovrebbero essere i più interessati alla materia in discussione, non hanno aderito ad alcun tipo di protesta, civile e non? Loro, i veri nemici dellUniversità degli Studi, non ne hanno linteresse. Se davvero sentissero quei privilegi messi a repentaglio, sarebbero stati i primi a scendere in strada.
*studente dellUniversità di Bologna
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