«Il mio necrologio non è ancora scritto» parola di Hillary

Washington. Nulla è sicuro fino a giovedì e venerdì. Sembra essere questo il pensiero di Hillary Clinton, che aspetta le ultime due elezioni primarie nel Sud Dakota e nel Montana. «Il mio necrologio politico non è ancora stato scritto - ha detto ieri l’ex First Lady -. E non è finita finché non è finita». Eppure, questa sembra essere un’idea soltanto sua: anche uno dei suoi fedelissimi, il governatore dell’Iowa Tom Vilsack, ha detto che ormai Barack Obama ha vinto e che la senatrice dello Stato di New York dovrebbe rendersene conto. L’estenuante cammino delle primarie, che era iniziato proprio in Iowa lo scorso 3 gennaio, sembra essere finalmente giunto al termine.
Anche il candidato repubblicano, John Mc Cain, ha iniziato a ignorare la Clinton nei discorsi pubblici e ieri, parlando a un’associazione filo-israeliana, ha duramente attaccato Obama per la sua disponibilità a parlare con il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad. Ma Hillary non si è arresa e, nonostante la decisione del partito di ammettere con solo mezzo voto i delegati di Florida e Michigan la penalizzi, ha giocato le ultime due carte che le restano: il voto popolare e l’eleggibilità. Secondo il suo staff, infatti, ha preso più voti di Obama, che però ha replicato che la procedura non assegna alcun peso al numero dei voti.
L’altro grande asset che la Clinton sta giocando riguarda le possibilità di battere Mc Cain.

«Occorre una riflessione: chi è il candidato più forte?» si è chiesta Hillary.
Resta così nell’aria la minaccia clintoniana di proseguire il braccio di ferro fino alla convention di Denver e di fare ricorso al Credentials Committee, per i delegati di Michigan e Florida.

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