"Il mio spettacolo nato dopo un sogno. Ora il pupazzo è diventato donna"

L'attore e autore Francesco Brandi in scena al teatro Oscar. "Il giocattolo prende vita e mi esamina"

"Il mio spettacolo nato dopo un sogno. Ora il pupazzo è diventato donna"
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Francesco Brandi è attore e autore. Al Teatro Franco Parenti ha esordito con «Il malato immaginario» di Andrée Ruth Shammah con Gioele Dix, ha poi portato in scena testi suoi quali «Per strada», «Buon anno ragazzi» e «Mutuo soccorso». Il suo più recente lavoro al cinema è un personaggio nell'ultimo film di Aldo Giovanni e Giacomo «Il grande giorno». Nel passato anche la serie con Pupi Avati «Un matrimonio». Adesso si cimenta come attore e autore al Teatro Oscar, in «Questo mondo e quell'altro», in scena da domani al 25 maggio, con Ippolita Baldini che interpreta il ruolo di un pupazzo che prende vita. «Sono felice di portarlo all'Oscar perché ho sentito molto calore».

Come è nata l'idea del pupazzo che prende vita?

«Ho fatto un sogno e mi è venuta l'idea che il mio pupazzo d'infanzia diventasse vivo e a quarant'anni mi facesse fare una specie di esame di coscienza o un tagliando per le macchine, per capire che vita hai fatto, che vita fai e che tipo di vita vorresti avere davanti. Ma non è un testo autobiografico. I personaggi che si raccontano nel testo sono tutta finzione»

È un pupazzo buono o cattivo? C'è qualcosa di Pinocchio?

«Non è Pinocchio e nemmeno il Grillo parlante, perché è troppo insistente. È un pupazzo buono, un amico, che proprio per questo deve spronarti, dirti le cose in faccia. Ha un aspetto malinconico, umano, un sottofondo che nella comicità si sente molto».

A che cosa allude il titolo «Questo mondo e quell'altro»?

«Questo mondo terrestre e un altro ultraterreno, irreale, che può essere il paradiso ma anche no».

Si tratta di un pupazzo di sesso femminile?

«In principio questo testo è stato scritto per un maschio. L'avevo già portato in scena con un attore e quando Giacomo Poretti mi ha chiesto di farlo nel suo teatro, mi sembrava fargli un torto farlo fare a un altro uomo. Era da tempo che io e Ippolita Baldini volevamo fare qualcosa insieme. Stiamo parlando di una favola anche se realistica e quindi nel pupazzo ci possono essere una donna o un uomo. Non è importante il sesso, ho dovuto cambiare solo due o tre cose».

Non è un racconto autobiografico. Ma porta in scena anche qualcosa di sé?

«Certamente è una presa di coscienza e quindi un'evoluzione. Si racconta un percorso di vita che è comune a molti. Tutti ci siamo sentiti nel posto sbagliato o che dovevamo fare qualcosa in più. Dentro di me questo lavoro ha lavorato tanto, posso dire che il teatro di questo testo è stato il mio stomaco. Ho anche iniziato un percorso di psicoterapia che consiglio a tutti. Ma è un testo comico, scritto per due comici».

Come funziona la coppia di comici?

«Ippolita è una comica fenomenale. Ha un grandissimo dono: che riesce a far ridere senza far nulla. Io ho un percorso attoriale differente».

Che differenza sente tra il teatro e il cinema?

«Il teatro è degli attori e il cinema è dei registi. Al cinema fai un lavoro frammentato in cui ti devi mettere al servizio di una visione che è quella del regista, devi prestare le tue qualità e il tuo talento. Il teatro è una cosa tua, il regista può dirti che cosa fare, darti una visione, ma il teatro è degli attori. Poi a teatro c'è il pubblico».

Preferisce la macchina da presa o il palcoscenico?

«È come chiedere se preferisco mamma o papà. Sono molto innamorato di questo mestiere. Più cose faccio e meglio sto».

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