Mirabello, la festa dei futuristi è già caduta in disgrazia. E Fini è sempre più solo

Hanno invitato Gianni Alemanno, lui ha detto di sì e allora Francesco Storace s’è arrabbiato, e ha vergato una nota di fuoco chiedendo conto al sindaco di Roma del perché e per come ha deciso di partecipare alla kermesse di quei traditori del Fli a Mirabello.
È stata una fortuna, che «Epurator» abbia sollevato un po’ di polvere, perché altrimenti la festa Tricolore sarebbe passata completamente inosservata. Bei tempi (vabbè, si fa per dire) quelli in cui Mirabello era il centro del mondo, almeno per un giorno capitale della politica. Era solo un anno fa, Gianfranco Fini aveva appena lasciato il Pdl dopo il «che fai, mi cacci?», e c’era grande attesa per quel che avrebbe detto, fatto, annunciato dal palco in quel 6 settembre. Il presidente della Camera non aveva tradito le aspettative, e fra gli applausi aveva galvanizzato la folla: «Il Popolo della libertà non c’è più», quindi «non potrà accadere che Futuro e libertà possa rientrare in ciò che non c’è più. Ora si va avanti». Boato e grancassa, poi più nulla. Perché dopo che Fini ha gonfiato il petto il Fli s’è smontato, raccogliendo percentuali da prefisso telefonico alle urne e perdendo un bel pezzo dei suoi.
E così eccoli lì, un anno dopo, ai margini del circolo mediatico. Un po’ è colpa anche del programma. Per aspirare a esser la festa eredità della fu An già Msi, rivendicazione d’orgoglio tricolore, fiamma nei cuori di chi c’era anche allora, quando il palco di Mirabello era il palco prediletto di Almirante, ecco, per aspirare a esser tutto questo, il programma lascia un po’ a desiderare.
C’è da dire che i big del Pdl l’evento lo guardano un po’ con sufficienza: a Mirabello ci sono già stati, visto che la parte degli ex An rimasta con Berlusconi la «sua» Mirabello l’ha già organizzata all’inizio dell’estate, chiamando sul palco tutto il governo. E però insomma, uno sforzo in più si poteva fare. Per dire, i nomi più noti sono quelli di Rosy Bindi la presidente del Pd e di Rocco Buttiglione dell’Udc passando per Carlo Giovanardi del Pdl: con tutto il rispetto per loro e per Guido Crosetto, un po’ low profile. E poi i dibattiti. La Bianca Berlinguer, per dire, una che ti infiamma la platea, l’hanno chiamata mica a parlare, chessò, di «informazione e censura ai tempi del Cav», ma di diritti civili.

Per non dire di Marco Travaglio, che dovrà tentare di risvegliare le coscienze antiberlusconiane al dibattito «Italia 150», e vaccele a infilare lì le escort e le inchieste. In attesa di Fini, certo. Chiuderà lui la festa. L’11 settembre...

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