Venice, in inglese, significa Venezia. Un nome non casuale, considerato che Venice sorge sullacqua. Nel caso di Venice non ci troviamo però nella laguna veneta, bensì nel mezzo del delta del Mississippi, vicino New Orleans. In questa oasi naturalistica della Louisiana sono tutti col fiato sospeso. Si teme infatti che la marea oleosa prodotta dal «vulcano» sottomarino della British Petroleum (Bp) possa trasformare il paradiso verde in inferno nero. Insomma, a Venice tira una brutta aria. Eppure è proprio questa «brutta aria» ad aver trasformato la modesta (almeno finora) Venice in una opulenta provincia degna del più dollaroso American Dream.
Provate, da queste parti, a prenotare un letto in albergo o un tavolo al ristorante: tutto esaurito, neanche fossimo a ferragosto a Forte dei Marmi. Qui, complice la calata in massa dei big tra i network mondiali, gli affitti delle case sono saliti alle stelle e, per una stanza con «vista delta del Mississipi», gli inviati Fox, Cnn, Abc e altre decine di tv sono disposti a pagare cifre impensabili.
«Sembra lapparato informativo di una convention che lancia un candidato alla Casa Bianca - nota il Corriere della sera -. Invece è lesercito delle news approdato tra le paludi e la desolazione industriale di Venice per raccontare la cronaca della marea nera». E poi: «La gente osserva frastornata. Allinizio era anche seccata, ma poi ha scoperto che troupe e giornalisti che vanno in mare con i pescatori, volano in elicottero, riempiono tutti gli alberghi e le case di chi è disposto ad affittare qualche stanza, oggi sono un aiuto prezioso per uneconomia cittadina in ginocchio». Sembra la trama del film di Billy Wilder, «Lasso nella manica», dove il circo mediatico accorso per registrare in presa diretta lagonia di un uomo rimasto bloccato in miniera dal crollo di una frana, trasforma una derelitta cittadina del Nuovo Messico nellombelico del mondo. Proprio come accade nella Venezia della Louisiana diventata, dopo lesplosione della piattaforma della Bp, base dazione della compagnia petrolifera britannica e centro operativo contro la marea nera: 500 uomini al lavoro, 32 navi, 5 aerei, robot sottomarini. Un business da milioni di dollari, considerato tutto lindotto che ha trasformato le ditte specializzate in attrezzature e sostanze blocca-inquinamento in autentiche galline dalle uova doro.
E a fregarsi le mani sono pure gli studi legali. Le denunce legate alla marea nera nel Golfo del Messico sono infatti già una quarantina, tra cui oltre 30 class action, cioè cause collettive, contro i presunti responsabili del disastro e a difesa delle migliaia di persone danneggiate dal greggio che fuoriesce dal pozzo della Bp. In base alle indicazioni raccolte dalla stampa locale di Louisiana, Mississippi e Texas, le class action già avviate, alle quali stanno aderendo pescatori ed allevatori di ostriche, operatori turistici di barche e proprietari di condomini per turisti, hanno soprattutto nel mirino la Bp e la Transocean, la società svizzera proprietaria della piattaforma esplosa il 20 aprile facendo 11 vittime.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.