Miracolo di Bolsena

Cristina, dodicenne figlia del prefetto pagano Urbano, finì martire al tempo di Diocleziano. Fu gettata nel lago di Bolsena con una pietra legata al collo. Ma la pietra miracolosamente galleggiò, riportando a riva il corpo della santa. Questa pietra, su cui rimasero impresse le impronte dei piedi di Cristina, divenne mensa d’altare nella chiesa intitolata alla martire. Nel 1263 il prete boemo Pietro da Praga, in viaggio verso Roma, disse messa su quell’altare. Assalito da dubbi circa la Presenza Reale, quando spezzò l’ostia consacrata questa si trasformò in carne; il sangue sgorgò e riempì il calice, traboccando sulla tovaglia e perfino sul pavimento di marmo. Il prete, sconvolto, si precipitò dal papa Urbano IV a riferire il miracolo. Il papa mandò a Bolsena il vescovo Gregorio per accertare i fatti. Quest’ultimo, eseguita l’incombenza, con solenne processione portò i sacri lini bagnati dal sangue miracoloso a Orvieto. Il papa gli venne incontro al ponte di Rio Chiaro, poi insieme entrarono in città. L’11 agosto del 1264 il pontefice emise la Bolla che istituiva la festa del Corpus Domini, il cui ufficio fu scritto da s. Tommaso d’Aquino, che in quel momento insegnava Teologia proprio nella scuola domenicana di Orvieto. Urbano IV era stato confessore di s. Giuliana di Liegi, la mistica che aveva dedicato l’esistenza all’istituzione della festa del Corpo di Cristo.

Quando fu informato del miracolo di Bolsena, ebbe la conferma che da anni aspettava. L’altare del prodigio fu portato a Roma, nella chiesa di Santa Prudenziana. Le reliquie stanno nel duomo di Orvieto.
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