Il miracolo del Senato: su Dio torna l’asse Pdl-Lega-Terzo polo

La vecchia maggioranza (più l’Udc) si ricompatta sulle radici cristiane dell’Ue. Monti punzecchia la Merkel: "Non chiediamo soldi, ma strumenti di sviluppo"

Il miracolo del Senato: su Dio torna l’asse  Pdl-Lega-Terzo polo

Roma - Un vero e proprio miracolo. Pdl, Terzo Polo e Lega si ricompattano e votano assieme, come avrebbe voluto la maggioranza dei cittadini che così si è espressa alle ultime elezioni politiche del 2008. Bando ai salti della quaglia dei finiani o ai distinguo leghisti: ieri, in Senato, seppur su di un emendamento del Carroccio a una mozione sulla politica europea, s’è rifatta viva la maggioranza che sosteneva l’ultimo governo Berlusconi appena nato. Sul richiamo alle radici culturali «e giudaico-cristiane» dell’Europa, Roberto Calderoli ha piazzato il suo emendamento e... oplà! Passato. A favore Pdl, Lega e Terzo Polo, contrari Pd e Idv. Calderoli ha esultato: «Si tratta di una battaglia da sempre portata avanti dalla Lega e che, finalmente, oggi ha trovato una risposta positiva in Parlamento, nonostante il voto contrario del centrosinistra, uscito allo scoperto negando le nostre radici cristiane». Gongolante anche Gasparri: «L’Europa deve riconoscere se stessa e la sua identità di storia e di valori». Un colpo da maestro, quello di Calderoli, perché la Lega resta convintamente all’opposizione mentre il Pd, viceversa, appoggia il governo. Ma nel gioco parlamentare la maggioranza ieri è stata variabile, tendente al passato. E Monti? Il premier, sulla questione, s’è espresso in mattinata parlando proprio a palazzo Madama per incassare l’appoggio bipartisan alla sua politica europea. È intervenuto per illustrare gli sviluppi della sua battaglia anti spread in ambito Ue e, sul richiamo alle radici cristiane dell’Europa era parso freddino: «Ciascuno ha la sua posizione, io personalmente preferirei che ci sia il riferimento alle radici culturali - ha detto in Aula - ma comunque è più importante vedere che in grande misura l’Ue incarna valori etici spesso assenti nelle politiche degli Stati nazionali, soprattutto nel nostro Paese».
In ogni caso il premier era molto più interessato a incassare il via libera alla sua strategia nei confronti dei partners europei. A questo scopo ha aggiornato prima i senatori e poi i deputati dei suoi recenti incontri internazionali, svelando che «la Merkel ha espresso apprezzamento per alcune scelte del governo Berlusconi e per la scelta attuale del Pdl di sostenere gli sforzi di questo governo». Una notizia, visto che nella vulgata comune la Cancelliera disprezza il Cavaliere. Poi, è tornato a parlare di Germania, sperando che il messaggio arrivi forte e chiaro a Berlino: «A loro non stiamo chiedendo denaro ma soltanto che la governance dell’eurozona evolva in modo tale da consentire a quei paesi che stanno facendo dei riconosciuti progressi nel loro risanamento, di vedere questo riflesso in termini di ragionevole diminuzione dei tassi d’interesse». Tradotto: noi stiamo facendo i compiti a casa ma l’Europa deve dotarsi di un sistema più efficace per evitare il contagio (i firewalls) e pensare di più alla crescita.
Quello che invece non emerge dalla relazione di Monti, ma che invece vincola il premier stesso, è il mandato a insistere in Europa affinché si adottino gli eurobond e in special modo i «project bond» per favorire lo sviluppo. Un tema, questo, che lo metterà nuovamente sulla rotta di collisione della Cancelliera.

Sullo sfondo un nuovo braccio di ferro: il premier ha infatti svelato di aver chiesto che la Gran Bretagna non possa sedersi al tavolo dell’eurosummit se non ratificherà (come infatti non ha intenzione di fare) l’accordo sul fiscal compact.

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