Missione costosa? Figurarsi le altre: 15 miliardi di euro

Non sparate, non sapete quanto costa un proiettile? Sembra una frase da Zio Paperone ma purtroppo il teatrino della nostra politica è riuscito a regalarci anche questa battuta. È dai tempi del generale cinese Sun Tzu (500 avanti Cristo) con il suo rivoluzionario trattato l’Arte della Guerra che la pianificazione, anche economica, delle operazioni militari è stata riconosciuta come fondamentale. Proprio perché i conti sono importanti per far vincere gli eserciti forse è proprio il caso di evitare di «sparare» cifre a caso.
Ha infatti avuto particolarmente successo mediatico la più grossa di queste sparate, vale a dire appiccicare alla missione in Libia il costo di 700 milioni. Dato che i soldi non sono opinioni proviamo a mettere un po’ di ordine nelle cifre in libertà che, se vanno bene per gli slogan, non è detto che servano per capire la verità. Innanzitutto va detto che, sempre dai tempi di Sun Tzu, è apparso chiaro che il costo di un operazione militare sia tanto più elevato quanto più lontano dalla madrepatria deve essere tenuto il contingente. Ne sanno qualcosa i conti della nostra missione in Irak, che è costata nei suoi tre anni più di 1,5 miliardi di euro, sempre convintamente finanziata anche con i voti della Lega.
Un’altra cosa molto chiara a chi si intende di contabilità militare è che i costi di un’operazione lievitano se, oltre alle operazioni aeree, si deve mantenere un contingente stabile e numeroso in un paese straniero: i conti della nostra missione in Kossovo in merito sono più che chiari, dato che solo nel periodo dal 2000 al 2006 si sono spesi più di 2,6 miliardi, convintamente finanziati con i voti dei Ds. Il conto finale per la nostra missione nei Balcani deve ancora essere scritto, dato che manteniamo tuttora nell’area più di 750 uomini, come deve essere ancora scritto quello della missione in Afghanistan, il maggior impegno militare per le nostre forze armate, che vede al momento il nostro contingente forte di più di 4.200 unità. Per la missione mediorientale, assai più costosa e meno strategica della Libia per i nostri interessi, i voti bipartisan si sono sprecati: nel luglio 2006 la Camera, di maggioranza centrosinistra, approvò il finanziamento della missione con 549 voti a favore e soli 4 contrari, registrando anche il consenso del partito dei Comunisti Italiani, allora massicciamente rappresentati in Parlamento.
Le nostre missioni comunque, sempre portate avanti nel plauso generale e senza mai accampare questioni di costi, sono assai più numerose di quelle prima citate: sulla cartina del sito del ministero della difesa si contano 23 bandierine, da Malta al Libano, dall’Uganda alla Somalia, tutti luoghi dove i nostri militari tengono alto l’onore del nostro Paese rischiando ogni giorno la vita in situazioni estreme e finanziate, negli ultimi dieci anni, per un totale superiore ai 15 miliardi di euro, una cifra elevata ma pur sempre frazionale rispetto ai budget delle altre nazioni occidentali che, come nel caso di Francia o Gran Bretagna, spendono circa il doppio di noi.
Veniamo adesso alla «sparata» dei 700 milioni per la Libia: a questa cifra ci si arriva sommando tutti i costi di esercizio per navi e aerei, ma non è che il costo per l’equipaggio e la navigazione della portaerei Garibaldi (in servizio dal 1985) svanirebbe se invece di utilizzarla in missione Nato la si facesse navigare davanti alla Versilia per un’esercitazione. Nemmeno lasciandola in porto i costi sarebbero troppo diversi dato che l’equipaggio deve necessariamente essere mantenuto in efficienza. Anche gli aerei assegnati alla missione (pochi) necessitano di ore di volo e manutenzione continue, indipendentemente dall’impiego bellico o meno. La spesa generale per la Difesa in Italia (escluse le missioni) è di 20 miliardi di euro all’anno e comprende già la maggior parte dei costi inclusi nei fantomatici 700 milioni, missili compresi, ovviamente già presenti in arsenale e di certo non utilizzabili per fare fioriere se li dovessimo «risparmiare». Infatti ci ha pensato ieri sera il sottosegretario Crosetto a rimettere a posto le proporzioni ufficializzando in un più ragionevole 150 milioni (un decimo della spesa «normale» annua delle nostre missioni) il costo aggiuntivo per la Libia al netto delle spese ricorrenti.

Il fatto è che le missioni militari o si fanno o non si fanno, ma quando si decidono il costo non dovrebbe essere un fattore: altrimenti sarebbe come non schierare gli agenti davanti ad una sommossa per paura di graffiare i costosi scudi.
posta@claudioborghi.com

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