Moccia: "Sì, io scrivo pensando anche al marketing. Che male c'è?"

Protetto da almeno due santi - San Valentino, a cui dai lucchetti in poi è stato lui a portare fortuna, e Sanremo, dove debutta come autore - Federico Moccia manda in libreria oggi il suo nuovo romanzo, L’uomo che non voleva amare (Rizzoli). Ancora una storia d’amore, zeppa di coincidenze con la romanzesca attualità di questi giorni

Protetto da almeno due santi - San Valentino, a cui dai lucchetti in poi è stato lui a portare fortuna, e Sanremo, dove debutta come autore - Federico Moccia manda in libreria oggi il suo nuovo romanzo, L’uomo che non voleva amare (Rizzoli). Ancora una storia d’amore, zeppa di coincidenze con la romanzesca attualità di questi giorni. Tra Sofia e Tancredi, due trentenni così inverosimili che paiono usciti da una megaproduzione tv, dove invece potrebbero verosimilmente entrare. Con un dolcevita blu di lana spessa e l’atteggiamento zen di chi dai giornalisti si aspetta di tutto, nella libreria Rizzoli di Milano dove lo incontriamo non lo riconosce nessuno. E quando incomincia a parlare non lo riconosciamo nemmeno noi: del sedicenne ultraquarantenne dell’imitazione di Fiorello è rimasto solo l’ultraquarantenne, padre da un anno.
Romanzo nuovo, niente adolescenti, niente bamboccioni quarantenni. Si sente diverso?
«Gli scrittori cambiano. Ho avuto un figlio, ho perso un padre. La fine, l’inizio: in mio figlio rivedo mio padre. Tutte cose che non c’entrano niente con questo libro, che però è espressione del momento che sto vivendo».
Sofia, pianista di talento mondiale, molla la carriera per salvare Andrea, il suo uomo. E di fronte alla proposta indecente di Tancredi, bellissimo e ricco, accetta per soldi di essere sua...
«Lei si giustifica pensando che serviranno per guarire il suo uomo... Però a me piace pensare che nella realtà ci siano donne che non si possono comprare».
Nei romanzi invece...
«Il libro è stato scritto prima del caso Ruby».
Tancredi nella realtà chi potrebbe essere?
«Io uno ricco così non l’ho mai conosciuto. Però ho pensato a Carlo Feltrinelli. Il padre, il nonno, le grandi tenute, le banche».
È inevitabile che questo libro diventi un film?
«Perché no? Magari un film internazionale».
E il prossimo parlerà ancora di trentenni?
«Mi piacerebbe occuparmi degli universitari. Che si danno da fare. Anche se poi vanno da Santoro e quando hanno finito di parlare la camera li becca che sussurrano “C..., ho sbagliato, non sono andato bene”. Vogliono rivoltare il mondo ma poi si guardano per vedere come lo hanno detto».
Lei ha sempre fatto molte concessioni al marketing. Cos’ha da dire in sua discolpa?
«A me piace lavorare sull’immagine e lo faccio. I Baci, la linea Amori... Tanto tutti storcono il naso comunque. La critica ha in mente un Moccia diverso da quello vero».
E chi è il vero Moccia?
«Uno che appartiene al pubblico, al popolo. Non certo a voi.

Fosse stato per voi...».
Non avrebbe superato le 2000 copie.
«Non avrei proprio messo la testa dentro. Appena mi affacciavo, urlavate “Chiudi la porta!”».
Ma che cos’è che il popolo capisce di lei e noi no?
«La sincerità».

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