Moda

Matrimonio: un abito da sposa sostenibile per le donne in difficoltà

Il mese di maggio inaugura la stagione dei matrimoni che riconferma, in mezzo ai nuovi trend, il valore simbolico dell'ambito abito da sposa tradizionale. Per le donne in difficoltà esistono delle iniziative che aiutano a procurarsene uno sostenibile, gratuitamente

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Il mese di maggio inaugura la stagione dei matrimoni che riconferma, in mezzo ai nuovi trend, il valore simbolico dell'abito da sposa tradizionale, mai tramontato. Che è bianco. Perché il bianco, per quanto ogni anno venga insidiato dal nero, dal rosso e da altre nuances meno popolari, rimane di fatto il colore più richiesto. Almeno dal 1840, dal giorno in cui, in tempi non sospetti, in barba a tutte le moderne influencer, la Regina Vittoria, antesignana delle trend setter, si presentò alle nozze con il principe Alberto vestita con un candido abito simbolo di purezza, da allora sognato ed imitato da ogni giovane aspirante sposa.

Una moda regale declinatasi in versione popolare. Perché la magia celestiale di alcuni abiti da sposa ha dei costi terreni che non tutti sono disposti a sostenere. E se, tra quello di Meghan Markle, del valore di circa 265,000 dollari e quello di Serena Williams arrivato alla cifra di 3,5 milioni di dollari (accessori compresi) c’è una via di mezzo (Victoria Swarovski ne indossò uno da 1 milione di dollari e di Kim Kardashian uno da 500 mila dollari) fortunatamente, sul mercato, si trova altro.

Dai modelli low cost a meno di 500 euro. Fino a capi gratuiti. “Shared Dream Dresses” (vestiti da sogno condivisi ndr) è un gruppo Facebook creato a giugno del 2022 “con lo scopo di passare da una donna all'altra dei vestiti bellissimi”. Attivo in Canada e negli Stati Uniti, ideato e realizzato da una signora intenzionata a donare gratuitamente il proprio vestito di nozze per ridargli una nuova vita, a quasi un anno di distanza dalla sua costituzione, ha raggiunto 17.998 iscritti.

La sua comunità ha stabilito delle regole che si basano sullo scambio di abiti da sposa, tassativamente senza scopo di lucro, di cui nessuno rivendica più la proprietà perché, una volta messi in rete, diventano di tutti e sono a disposizione per essere indossati. Una volta utilizzati per l’evento, però, devono essere restituiti lavati e stirati entro 30 giorni, perché possano servire ad altre. In Italia, a Perugia, presso il Monastero di Santa Rita da Cascia, che sorge sulla casa di Santa Rita (una sposa maltrattata e vedova che si fece suora), esiste una tradizione più antica, che opera con lo stesso spirito altruistico.

Qui quasi tutte le donatrici sono donne che si recano in pellegrinaggio, per chiedere protezione per il loro matrimonio e in quell’occasione consegnano il loro vestito da sposa. Gli abiti di nozze, destinati a donne in difficoltà, ordinatamente sistemati in una spazio gestito da una sorella del Monastero, che funge anche da consigliera ed esperta di moda, possono essere provati proprio come in un atelier. Ogni vestito acquista un valore spirituale che lega con un sottile filo la donatrice sconosciuta alla futura sposa, sotto la protezione di Santa Rita.

E nasconde nelle sue pieghe storie di cui la anche la monaca custodisce frammenti di segreti.

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