Una moderna Medea dietro le sbarre
11 Dicembre 2005 - 00:00In scena «Rosaspina» scritto e diretto da Michela Andreozzi
Claudio Fontanini
Dopo il debutto dello scorso aprile nella rassegna Let della Cometa Off arriva al teatro dell'Orologio (Sala Artaud) Rosaspina, testo di teatro civile «al femminile» scritto e diretto da Michela Andreozzi. Ispirato ai recenti e crescenti episodi di violenza domestica, Rosaspina è un duello di anime divise dalle sbarre di una prigione. Da una parte la guardia carceraria (Giulia Ricciardi), dallaltra la condannata a morte (Marta Iacopini) per il peggiore dei crimini (luccisione del figlio). Confessioni, solitudini allo specchio, piccoli avvicinamenti e improvvisi voltafaccia. Con quelle due donne, diverse per temperamento, cultura e scelte di vita, che si attraggono e si respingono nel nome di un disperato bisogno di condivisione interiore a colpi di ricordi, letture, partite a carte e voglia d'invisibilità.
Shakespeare e La Bibbia, linvidia del pene e un vecchio pianoforte sostituito da un divano azzurro, una bottiglietta di smalto per unghie («Serve a ricordarci chi siamo») e un pettine, «prime volte» e funerali, cure di ormoni e impossibili fughe («Cambiare idea è l'unica cosa che posso fare» dice la detenuta), religione e pietà. Fino al drammatico atto conclusivo (con lomicida che prima di andare a morire sfiora le grate della sua cella come fossero i tasti del suo amato pianoforte) che suggella limpossibile vivere di due «malate damore» condannate dai sentimenti e dallindifferenza familiare.
Senza retorica o facili demagogie (per fortuna qui non si punta su vittime e carnefici), il testo della Andreozzi (per la prima volta alle prese con uno scritto drammatico) è servito al meglio da due generose attrici che recitano a contrasto nella scena spoglia ed essenziale. Risate isteriche (forse qualcuna di troppo), urla, lacrime represse, teneri slanci, commozione e ironia da sopravvivenza nellincontro-scontro di due umanissime e dolenti donne della porta accanto che si mettono a nudo finendo per tratteggiare un mondo senza pietà.
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