Moggi-show da Chiambretti: «Combattevo la stessa battaglia di Moratti»

All'attacco come ai vecchi tempi. Intervistato da «Pierino la peste», l'ex direttore generale della Juventus ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Diego? «Un giocatorino». Mourinho? «Un allenatore che fra risultati. A me è simpatico» E sulla Juve di oggi racconta che...

All'attacco come ai bei tempi. Luciano Moggi sale sul palco del Chiambretti Night e, sotto il fuoco di fila di Pierino la Peste, non perde l'occasione per togliersi, ancora una volta, qualche sassolino dalle scarpe. Con pacatezza, ma senza tentennamenti, Moggi rivede nell'atteggiamento di Mourinho lampi del suo carattere, boccia senza appello l'attuale dirigenza juventina, rincuora e sostiene Ciro Ferrara. Ma, soprattutto, si mette sulle barricate insieme a Massimo Moratti, al grido di «noi combattevamo quello che oggi combatte» lui.
«Stranamente - osserva Moggi - anche Moratti dice che il Milan è la società più forte, visto che parla di complotti. Ora che Moggi è fuori, quello che organizzava queste cose», ossia cose poco chiare, «ci è rimasto dentro». Probabilmente, stando a quello che dice oggi Moratti, qualcuno è rimasto: «Noi - sostiene l'ex direttore generale della Juve - combattevamo quello che oggi combatte Moratti. Probabilmente eravamo più forti», del presidente nerazzurro.
Rimanendo in zona Inter, Moggi - in una serata dedicata a Torino e in parte alla Juve, vezzeggiato anche dalla ex miss Italia Cristina Chiabotto - dice la sua pure su Josè Mourinho, con cui trova insospettabili affinità caratteriali. Il tecnico portoghese - dice - «è un gran comunicatore. A me è simpatico, perché fa le stesse cose che facevo io alla Juventus», ossia «confondere le acque. Lui, però, non farà la mia stessa fine, è un allenatore che fa risultati».
Regalato, a modo suo, un apprezzamento a Mourinho, Moggi fa altrettanto con Ciro Ferrara, allenatore juventino la cui panchina è a dir poco in bilico; mentre boccia, senza alcuna remora, l'attuale dirigenza bianconera. «Con me Ferrara farebbe sicuramente bene. Basta seguirlo e non abbandonarlo in un mare di critiche - puntualizza -. Invece è già stato giubilato da tutti quanti. Credo che dovrebbe rimanere fino alla fine del campionato: la Juve può centrare il terzo o quarto posto». A patto di avere una società forte alle spalle, e non un gruppo dirigente che «in tre anni non ne ha azzeccata una», e che ha smantellato, pezzo per pezzo, il suo recente passato.
Tutto, stigmatizza l'ex dg juventino, è crollato quando alla fine di dicembre 2004 «Elkann e Blanc si sono incontrati e Elkann gli ha chiesto di entrare in società per liquidare la dirigenza portata da Umberto Agnelli. Morti l'avvocato Gianni Agnelli e Umberto, è successo quello che è successo». E ora lo sbando di una squadra considerata in estate «in grado di competere con l'Inter».

«Melo è un buon giocatore nel suo ruolo, quello di mediano difensivo, non in quello di regista - annota Moggi - mentre Diego, per il suo nome, è stato paragonato a Maradona, ma è un giocatorino che può fare cose carine in un ruolo, quello di trequartista, che non si può inserire in una grande squadra».

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