La molestava da anni, preso stupratore

La giovane subiva minacce anonime e aggressioni. Il marocchino frequentava parenti nel suo palazzo

Enrico Lagattolla

Un’ossessione lunga quattro anni. I biglietti anonimi lasciati sotto la porta di casa, le minacce che diventano molestie, una prima aggressione nel 2002, un’altra tre anni dopo. Infine l’ultima, lo scorso luglio. Prima che si gridasse all’emergenza, ancora una donna vittima di uno stupro. Un uomo che lei aveva già visto, più volte. Sul suo stesso pianerottolo, a frequentare una famiglia di nordafricani che abitava un appartamento accanto al suo. È lì che A. Z., marocchino di 28 anni, matura il suo progetto. Ed è lì che lo consuma. Ora, a distanza di quasi due mesi, finisce in manette.
L’inchiesta della Squadra mobile, coordinata dal pubblico ministero Laura Amato, inizia il 17 luglio scorso. Quella stessa notte, la violenza. La ragazza, 23 anni, rientra a casa, in uno stabile in zona porta Genova. La accompagna il fidanzato. Per sicurezza, aspetta che la compagna si affacci dal ballatoio del pianerottolo. Poi si allontana. Al terzo piano dello stabile, però, la giovane non è sola.
Non appena si volta verso la porta di casa, un uomo le si avvicina alle spalle, le chiude la bocca con una mano, la strattona, le spinge il viso contro il muro. Poi la trascina al quarto piano, vicino al solaio. Dove non c’è nessuno che possa sentirli. Lì, per mezz’ora, abusa di lei. Usa il preservativo per non lasciare tracce organiche. «Non mi incastrerete», le dice. E ancora, «sono tornato». Poche parole, ma bastano per far cadere su di lui i sospetti egli inquirenti.
La vittima, infatti, racconta di essere stata oggetto di molestie e minacce a sfondo sessuale nel periodo in cui il nordafricano frequentava l’appartamento di porta Genova, abitato dagli zii. Una prima volta nel 2002 e poi ancora nel 2005. Ai due episodi si aggiungono i biglietti lasciati sotto la porta del suo appartamento, in cui le veniva intimato di non dire nulla a nessuno. Fino alla violenza consumata nella notte tra il 16 e il 17 luglio. Quella stessa notte, dopo essersi liberata del suo aguzzino e rientrata in casa, la ragazza - che verrà portata al Centro violenze sessuali della clinica Mangiagalli - racconta tutto alle sorelle, poi ai genitori e al fidanzato. Infine, decide di denunciare l’accaduto alle forze dell’ordine.
Due giorni dopo lo stupro, la vittima riconosce senza esitazioni l’indagato in una foto mostratale dagli inquirenti. L’istantanea, inoltre, evidenziava il «doppio mento» dell’uomo, caratteristica somatica descritta dalla ragazza già nelle ore immediatamente successive all’aggressione. Il 25 luglio, il pubblico ministero Amato invia al giudice per le indagini preliminari Guido Salvini la richiesta di misura cautelare in carcere per il marocchino, un pizzaiolo regolarmente residente in Italia con un solo precedente per ricettazione. La misura viene disposta il 29 dello stesso mese dal gip, che nell’ordinanza sottolinea la «spiccata pericolosità sociale» dell’indagato, e «la propensione a studiare le proprie azioni, ragione per cui vi è serio pericolo che possano essere colpite con analoghe modalità altre donne». Ma A. Z. è scomparso. Meglio, è in vacanza. A Casablanca.

Per oltre un mese, gli inquirenti tengono sotto controllo tutti i voli provenienti dal Marocco e lunedì, intorno alla mezzanotte, scoprono che l’indagato sta tornando in Italia. E l’arresto, infatti, avviene all’aeroporto di Malpensa. Ammanettato appena sceso dall’aereo, l’uomo viene portato direttamente in carcere.

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