Per il momento arrivano gli «spiccioli» in busta paga solo sei mesi di arretrati

Per il momento arrivano gli «spiccioli» in busta paga solo sei mesi di arretrati

Antonella Aldrighetti

Sarà per economizzare a tutti i costi e su tutti i fronti, sarà in nome della razionalizzazione dei servizi sanitari troppo dispendiosi, sarà tutta colpa del generoso disavanzo finanziario regionale ma, qualunque sia il motivo dell’abbuono temporaneo sugli arretrati contrattuali, gli infermieri e gli operatori tecnici, per ottenerli dovranno attendere ancora un po’ di tempo. E in questo frangente, spetterà ai sindacati far digerire agli operatori sanitari l’amaro boccone del ritardo da parte della regione.
Sono 35mila coloro che vedranno in busta, almeno per adesso, pochi spiccioli davvero: solo i primi sei mesi di arretrati mentre per il «grosso della torta», ossia gli altri 24 mesi, dovranno attendere che il governo trasferisca nelle casse regionali le risorse necessarie. Sarebbero, a occhio e croce, circa 105 milioni di euro - circa 3mila euro per ciascuno -, frutto del rinnovo del contratto siglato all’Aran dalle parti sociali ormai una quindicina di giorni fa ma che, in quell’occasione, non aveva ancora ricevuto il via libera della Corte dei conti. Vale a dire: niente via libera, niente copertura finanziaria e viceversa. E non vi è certezza, appunto, sui tempi e sui modi in cui avverrà lo svincolo delle risorse finanziarie dal fondo nazionale. La giunta ulivista di Piero Marrazzo avrebbe potuto scegliere di anticipare i soldi. Avrebbe appunto: ha scelto di non farlo e di prendere tempo sulla remunerazione integrale del pregresso. L’assessore alla sanità Augusto Battaglia già il 16 giugno scorso si è premurato di scrivere ai direttori generali di Asl e aziende ospedaliere nonché ai sindacati per dare disposizioni precise sulle retribuzioni: sei mesi di pregresso e non di più. E i sindacati per dare notizia dell’«allegra» - si fa per dire - decisione stanno organizzando, senza sosta, apposite assemblee con i vertici aziendali e di seguito con il personale di reparto.
Ieri è stata la volta dell’Asl Roma C, oggi sarà quella della Roma A e domani della Roma E. Poi si vedrà: da un lato si parla di indire lo stato di agitazione, dall’altra una manifestazione di piazza. E il perché è presto detto: rimangono infatti da definire anche i termini per il versamento degli arretrati ai medici per il secondo rinnovo contrattuale.
Che sia la solita inevitabile solfa? Ciò che rimane certo è che all’ordine del giorno degli appuntamenti indetti dalle rappresentanze sindacali, in questa settimana, ritorna prepotente sempre la costante discussione: quella mirata a individuare quali saranno le ipotesi più accreditate relative al piano antideficit che intenderà attuare il governatore Marrazzo per far fronte al disavanzo sanitario. Quanto a quello che trapela da «radio corsia» la preoccupazione più cocente è relativa alla mobilità che potrebbe essere avvalorata dalla chiusura dei posti letto nei grandi ospedali della città ma pure, dalla riconversione di alcuni reparti da assistenza diretta in ambulatori di day hospital a servizi di assistenza demandata alle cure domiciliari. Va ancora peggio quando ci si sintonizza sulle frequenze degli ospedali di provincia dove, il timore per la chiusura dei nosocomi con meno di cento posti letto - e qui ce n’è la maggioranza -, è ancora più persistente. Per definire quindi, un quadro completo e dai contorni più netti e più chiari di quelli odierni e tirate le somme, non resta che attendere i prossimi giorni.

I sindacati si troveranno a dover presentare al governatore del Lazio alcune proposte alternative da inserire nel piano «sana-deficit» e lo stesso governatore a fissare con precisione i limiti del programma sanitario che intenderà attuare da qui al 2008.

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