Finalmente un maschietto. Per contentare quella certa Italia che cominciava a stropicciare nervosamente il colletto. Dall’Italia di Federica e le sue sorelle (ieri illuminate dal Setterosa arrivato in semifinale della pallanuoto) all’argento Italia dell’italiano vero, ovvero quello con pregi e difetti nostri, nessuno escluso: 23 anni ad agosto, romagnolo purosangue che ama la piadina, ma non può mangiarne troppe, adora la velocità, è partito sui go kart ed ora gli arriverà una nuova Bmw, ama Valentino Rossi e la Ferrari. Peccato, racconta lui, quando se n’è andato Schumacher. «Ma poi Alonso mi ha riconciliato con le Rosse». Ha una fidanzata di nome Carlotta, tifa Milan, non segue una dieta ferrea e quando sogna si sveglia spaventato, come gli è capitato prima di scendere in acqua. Alla vigilia ha sognato un serpente. Secondo i concetti freudiani, un pericolo per l’equilibrio interiore. Ha sudato forte. «Per fortuna mi sono svegliato in tempo, forse era solo nervosismo. Mi ha morso una spalla, poi una mano, il dito era gonfio...».
Fabio Scozzoli e tutto questo e forse molto di più. Ma valeva la pena farne un’identikit prima di raccontare la sua bella impresa, quel vorticare dirompente nell’acqua, gambe e braccia che sembrano il motore d’un motoscafo. Scozzoli è l’immagine dell’italiano medio, forte, sano, convinto, e magari sempre un po’ scontento. Uscito dall’acqua si è guardato intorno, eppoi si è detto: «Peccato potevo far meglio: la virata non è stata granchè, all’arrivo sono arrivato lungo, nel resto ho nuotato bene». Impressione confortata da Domenico Fioravanti, che poi dovrebbe essere l’esempio e l’idolo per le ultime generazioni dei nuotatori a rana. Il suo doppio oro olimpico (Sidney 2000) attende erede.
Ma c’è posto anche per un oro mondiale: finora il pedigree nazionale parla di 3 argenti (compreso questo) e 3 bronzi. Gianni Minervini il primo a portarsi a casa una medaglia (argento) nei 100 rana a Madrid nel 1986. Scozzoli ci ha aggiunto un nuovo record italiano: il tempo dice 59”42, Minervini (25 anni fa) toccò in 1’03”00. Tempi che passano, campioni che cambiano, come il modo di diventarlo. Fabio si è affidato a uno psicologo e a un tecnico ungherese, Tamas Gyertyanffy, che, dopo aver allenato a casa sua il fenomeno Thomas Darny, lo ha preso in consegna da sette anni. Questi esploratori di piccoli mondi sono una delle fortune dello sport italiano. Nel nuoto, nella ginnastica, nell’atletica, nella scherma, nomi stranieri hanno modellato campioni e storie. Tamas ha cominciato lavorando in una piccola piscina, vicino a Desenzano, con un gruppo di promesse. Poi ha scoperto Imola, la famiglia Scozzoli, mamma dentista, papà coltivatore diretto con la passione dei cani. E ora comincia a raccogliere.
L’anno scorso Scozzoli conquistò l’oro europeo dei 50 rana (e il bronzo nei 100 rana). Quest’anno è arrivato l’argento mondiale nella scia di Alexander Dale Oen, un motoscafo che si è tenuto tutti dietro eppoi, sul podio, si è lasciato andare a commozione vera, bel contrasto con le lacrime poco emozionanti di Cesar Cielo, il grande inquisito per doping, dopo i 50 farfalla. Dale Oen aveva cuore pesante, onesto, senza ombre, ripensando alla disgrazia del suo paese. Tanto da ricordarlo. «Nuotavo più con il cuore che con la tecnica». Ed è stato un siluro che Scozzoli ha saputo seguire e inseguire, tenendo dietro il grande Kitajama, battagliando fino all’ultimo con il sudafricano Van Der Burgh, partito forte ma risucchiato dalla seconda vasca-turbo del nostro. «Gara da leone», ha sintetizzato Fioravanti.
Sul polso tatuato di Scozzoli il ricordo del primo oro che non si scorda mai, nella testa e nelle gambe gli insegnamenti di Tamas, che lo racconta così: «Fabio è un atleta modello, sincero e generoso. Dedichiamo molto tempo ai dettagli e credo abbia ancora margini di miglioramento.
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