Il mondo chiede: chi ha ucciso Peter Pan?

Sulla tomba bisognerà apporre diverse fotografie, quante almeno ne hanno ispirato i suoi volti continuamente stravolti e taroccati. Non c’è un solo Michael Jackson che combaci con un altro, in questa epopea eccessiva e stralunata, visionaria e allucinata. C’è soltanto un sottile filo rosso, che tutti quanti li lega: l’insoddisfazione perenne del mito globale, che da sempre ha tutto e non riesce a farselo bastare mai. Concerti e bisturi, ricchezze e paranoie, successi e malinconie: tutta un’esistenza così, in bilico tra gloria eterna e intime miserie, sempre alla ricerca di un altro se stesso, senza scovarlo da nessuna parte.
Adesso l’autopsia - svoltasi ieri, ma i cui risultati arriveranno tra qualche settimana - si sforzerà di dare una spiegazione accettabile. I più stretti collaboratori stanno però giocando d’anticipo. Brian Oxman, portavoce della famiglia, parla apertamente dell’abuso di medicinali. L’ex manager, Tarak Ben Ammar, si scaglia contro i medici: «Sono criminali. L’hanno ridotto così, obbligandolo a prendere continuamente medicine: tranquillanti, antidepressivi, sonniferi». Sotto accusa un’iniezione di Demerol, potente antidolorifico che il grande malato prendeva per sopportare il mal di schiena. Tutto mentre la polizia è alla ricerca del medico personale di Jackson, un cardiologo di Houston, in Texas, che si è reso irreperibile.
Ma per quanto ci si affanni a trovare una causa ultima, nessuno potrà evitare l’inevitabile: le povere spoglie di Michael entrano trionfalmente nel Pantheon del mistero. Là dove riposano le altre icone idolatrate e maledette del bel mondo che fu, tra gli Elvis Presley e le Marilyn Monroe. I requisiti per non riposare in pace, il buon Jackson, se li è costruiti tutti con molta diligenza, lungo un’esistenza surreale e assurda, chiusa con largo anticipo a cinquant’anni (anche questo, la morte prematura, è requisito primario per entrare nel Pantheon).
L’inizio della triste commedia risale ai vent’anni, con le prime operazioni per candeggiarsi la pelle scura, afflitta improvvisamente da vitiligine. Il resto segue nella parossistica corsa verso le sale operatorie di mezzo mondo, verso i chirurghi più costosi e più specializzati, per rifarsi i pezzi come una fuoriserie in continua evoluzione tecnica: gli zigomi, le palpebre, il naso. Quel naso, quante ne ha subite: alla fine gli viene ricostruito con una cartilagine dell’orecchio, perché dell’originale non rimane più niente.
Dopo tanta attività manifatturiera sul povero fisico, le conseguenze sono disastrose. Negli ultimi mesi compare su una sedia a rotelle, il volto coperto dalla mascherina, come un ultracentenario che non possa esporsi alle correnti: sono gli effetti di una grave infezione, sempre partita dal fatidico naso, punto nevralgico ed epicentro di tutte le nevrosi. C’è anche l’episodio della foto che mostra il polso da Robocop, come se avesse indossato uno Swatch sottopelle. I postumi di una frattura, prova a spiegare lui. Chissà cosa diavolo s’è fatto fare, pensano tutti quanti in giro per il mondo.
Dopo una vita simile, è scontato che la morte non possa recare la meritata pietra tombale. Con il gusto macabro e pettegolo che la contraddistingue, l’industria della leggenda ci impianterà sopra un’altra azienda delle sue. Un’azienda di gialli, di retroscena, di rivelazioni. Di gole profonde, di rapporti segretissimi, di testimonianze inedite. L’infernale macchina s’è già messa in moto. Sui siti americani si legge già di tutto. Solo l’arresto cardiaco sarà accettato per quello che è: difficile un tizio muoia senza arresto cardiaco. Ma il resto, la causa vera di questo infarto, sarà un optional personalizzato. Il più banale: tutte quelle medicine, tutte quelle operazioni. Il più imbarazzante: overdose di droghe e di alcolici. Il più penoso: suicidio. Il più azzardato: eutanasia, ad opera dei familiari. Fino al più inquietante: l’hanno avvelenato, magari i creditori. In qualche modo, da qualche parte, salterà fuori pure la Cia: dopo aver abbattuto le Torri Gemelle per sviare le attenzioni dai fallimenti di Bush, i diabolici servizi segreti hanno ora eliminato un pessimo esempio per le giovani generazioni. È la teoria del personaggio scomodo, un classico che va sempre.
Dal 1821 fioriscono rivelazioni sulla morte di Napoleone a Sant’Elena (soffriva di stomaco, ma il perfido governatore Lowe deve averlo avvelenato a piccole dosi). Non parliamo di Marilyn: hai voglia di raccontare l’overdose di medicinali, vogliamo parlare dei Kennedy? E Jim Morrison, allora? Ora tocca a Michael Jackson: entrando nel Pantheon del mistero, si assicura in fondo una sua specialissima immortalità.

Per tanti affaristi del ramo, che molto ci ricameranno sopra, è un modo di perpetuare gli incassi oltre i funerali. Per tanti di noi, è soltanto la patetica incapacità di accettare il più normale, scontato, democratico evento della vita umana: la fine.

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