Bombe e morti, caos a Bagdad Parigi preme per l'intervento Ue

Attentato nella capitale, l'Isis avanza. Patto Merkel-Hollande sugli aiuti umanitari ma la Francia vuole di più: «Vertice subito per armare i curdi». Appoggio dell'Italia

«Quando ci sono persone che muoiono - stavo per dire che crepano - è necessario tornare dalle vacanze». Il ministro degli Esteri francese chiede all'Europa di agire per l'Irak. L'attivismo e i toni irrituali di Laurent Fabius in queste ore raccontano come Parigi cerchi un ruolo trainante nella crisi in corso in medio oriente. Il ministro, che il 10 agosto ha incontrato la leadership curda a Erbil, domanda da lunedì, assieme al ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini, una riunione d'urgenza dei responsabili delle diplomazie europee per discutere la possibilità di un rifornimento di armi alle forze peshmerga e bloccare l'avanzata degli uomini armati dello Stato islamico. E anche il presidente francese François Hollande ieri, assieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel, ha insistito su un maggiore ruolo europeo in Irak, con aiuti umanitari. La Germania sta anche soppesando la possibilità di inviare armi. Per ora ha deciso che fornirà soltanto attrezzatura non letale, anche se in un'intervista sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung in edicola oggi il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier ha detto d'essere favorevole, «vista la drammaticità della situazione», «a spingersi al limite del fattibile sotto il profilo giuridico e politico».

La comunità internazionale reagisce in queste ore anche al continuo emergere di notizie di uccisioni di massa e violenze in Irak. In un'intervista alla tv Al Hurra, un cadetto iracheno ha raccontato d'aver assistito a un'esecuzione di centinaia di soldati da parte dei miliziani dello Stato islamico in una base vicino a Tikrit, nel Nord. Le sue parole confermerebbero anche i timori delle organizzazioni locali per i diritti umani, ma i fatti non sono verificabili indipendentemente. Così mentre il dramma umanitario e la minaccia alla sicurezza alle porte dell'Europa costringono l'Unione a una reazione d'emergenza, gli Stati Uniti vanno avanti con i raid contro le forze dello Stato islamico, l'ultimo ieri. Per Washington - che ha arrestato pochi giorni fa all'aeroporto Jfk di New York un uomo considerato «simpatizzante» del gruppo islamico - l'operazione dell'aviazione americana potrà soltanto arginare l'avanzata degli estremisti, non risolvere un problema legato alle divisioni settarie irachene. Ancora ieri, dall'Australia, il segretario di Stato John Kerry ha detto che le forze combattenti americane, che hanno lasciato il Paese alla fine del 2011, non torneranno in Irak e che l'America sta esplorando soluzioni politiche, economiche e di sicurezza per stabilizzare la regione. Dopo diversi giorni di pressioni da parte dell'Amministrazione Obama, è stata accolta con sollievo la nomina a candidato premier da parte del presidente Fuad Massud del politico sciita Haider Al Abadi. La sua ascesa ha creato tensioni a Bagdad - dove ieri è scoppiata un'autobomba che ha ucciso oltre dieci persone - tra politici della stessa fazione. Il primo ministro uscente Nouri Al Maliki, accusato dalla comunità internazionale di non aver lavorato in otto anni di mandato a un governo inclusivo di tutti le fazioni religiose ed etniche, ha parlato di mossa illegittima e per qualche ora la presenza dell'esercito nazionale nel centro di Bagdad è aumentata, facendo pensare a un intervento delle truppe. È sembrato che Maliki ieri facesse però un passo indietro, chiedendo alle forze di sicurezza di non frapporsi nel processo politico.

In una svolta che crea aspettative ottimistiche, la nomina di Al Abadi, considerato meno polarizzante, è stata appoggiata dai curdi di Erbil, da governi occidentali e regionali, anche quelli su posizioni opposte, come l'Arabia Saudita e l'Iran.

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