Brexit

Brexit, le Borse vanno a picco e la sterlina adesso affonda

Effetto Brexit sulle Borse: Tokyo perde l'8% anticipi drammatici per Europa e Usa. La sterlina va a picco

Brexit, le Borse vanno a picco e la sterlina adesso affonda

Anche le valute risentono dei primi risultati sul Brexit. Nella prima mattina di oggi, in Asia orientale, la sterlina era scambiata a 1,4554 sul dollaro, in calo del 2,18% rispetto alla chiusura di ieri, quando aveva toccato i massimi degli ultimi sei mesi sul biglietto verde. La valuta britannica è scesa nelle scorse ore fino a un minimo di 1,4152 sul dollaro, dopo che nel corso dell’ultima settimana aveva guadagnato quasi il 5% sul dollaro.

Brexit, sterlina a picco

Lo yen, valuta rifugio, recupera le perdite iniziali e si quota a 105,12 sul dollaro intorno a metà mattina. Tokyo arretra di oltre l’8%, Hong Kong va giù del 4,67% e Shanghai del’1,19%. Le borse europee sono previste in forte calo, per l’effetto Brexit. Secondo la britannica CMC Markets, la borsa di Londra si appresta ad esordire in discesa del 7%. La sterlina è caduta di oltre il 10% a quota 1,3305 dollari, il minimo dal 1985, con la vittoria del fronte del 'leave' con circa il 52% dei voti. La sterlina è scesa quindi di oltre il 6% contro l'euro e il 15% nei confronti dello yen. Mercato valutario travolto dal risultato del referendum in Gran Bretagna, che ha visto la vittoria del "sì" all'uscita dalla Ue. Oltre alla sterlina, ai minimi da 30 anni, anche l'euro subisce le ripercussioni e si attesta a poco meno di 1,10 dollari (1,096), in calo del 3,7%. Standard and Poor's è pronta a declassare la Gran Bretagna con l'uscita, ora ufficiale, dall'Unione europea. In sostanza, dichiara il portavoce Motitz Kramer al Financial Times, "l'attuale valutazione del credito di tripla A è insostenibile nelle circostanze attuali". Piazza Affari all'apertura non riesce a fare prezzo dopo l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Mps e Popolare di Milano riescono a segnare un primo prezzo d’apertura a circa un’ora dall’avvio ufficiale delle contrattazioni di Piazza Affari. Il titolo della banca senese ha segnato un apertura a -28% a 0,41 euro per poi salire a 0,42 (-23,77%) ed è poi stato sospeso in asta di volatilità. Stesso movimento per Bpm, che segna un calo del 23,8% a 0,386 euro. Fermi in volatilità quasi tutti i titoli bancari italiani (Mps, Bpm, Mediobanca, Intesa, Unicredit, Ubi). Il Ftse Mib arretra dell’11,4% a 15912 punti, minimi da febbraio scorso. Apertura in forte calo per la Borsa di Francoforte, con l'indice Dax che cede il 9,83% a 9.248,58. Ma la giornata prosegue nel peggiore dei modi per la Borsa di Milano. Mai Piazza Affari aveva chiuso in calo di oltre il 10% negli ultimi trent’anni. Per trovare qualcosa di paragonabile bisogna tornare all’estate del 1981 - ma gli indici erano diversi - quando Milano perdette l’11,76% nella seduta del 16 giugno 1981. Ma oggi è andata anche peggio.

Milano perde il 12% in un giorno

Le elaborazioni dell’ufficio studi del Sole 24 Ore e di Borsa Italiana evidenziano come la flessione che si è registrata oggi (Ftse Mib -12,48%) dopo l’esito del referendum che ha sancito la volontà del Regno Unito di uscire dalla Ue rappresentano un unicum nella storia di Piazza Affari. Anche nelle complicate sedute dopo l’11 settembre la Borsa di Milano aveva perso meno: -7,57% il giorno dell’attentato, -6,62% il 14 settembre. Altrettanto pesanti erano state le sedute dopo il crack Lehman Brothers e in particolare quella del 6 ottobre 2008 che aveva mostrato un calo dell’8,24%; un dato che finora rappresentava il record negativo. Male anche le giornate successive con il -7,14% del 10 ottobre 2008, il -6,78% del 16 ottobre, il -6,20% dell’11 novembre e il -6,26% del primo dicembre. Anche la crisi del debito italiano del 2011 aveva portato risultati meno gravi sulle Borse: il primo novembre Piazza Affari perdette il 6,8%. Pochi giorni dopo Berlusconi lasciava la carica di presidente del consiglio sostituito da Mario Monti.

Londra nel mirino delle agenzie di rating


Standard&Poor’s intanto rivedrà tutti i rating "che potrebbero risentire dell’esito del referendum" sulla ’Brexit’, annuncia l’agenzia in un commento sul voto britannico. "L’uscita della Gran Bretagna - afferma S&P - sarà probabilmente un lungo processo nel corso del quale saranno negoziati trattati e accordi tra il Paese e l’Unione Europea per regolare gli affari futuri. Come abbiamo detto negli ultimi mesi, alcuni rating potrebbero risentirne prima di altri, incluso il rating sovrano del Regno Unito e di tutte le entità a esso direttamente collegate". La vittoria del leave, secondo S&P, potrebbe influenzare "le performance di crescita, il ’funding’ esterno e il bilancio pubblico" del Regno Unito.

"Nelle nostre recenti ricerche - afferma S&P - abbiamo annunciato la possibilità di abbassare il ’rating’ di oltre un gradino se riterremo che (la Brexit, ndr) avrà un’influenza negativa sulla forza istituzionale del Paese e sulla sua capacità di formulare politiche in grado di favorire una crescita sostenibile".

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