La novità è il nome di Alina Kabaeva, l’ex ginnasta olimpica e amante di Vladimir Putin, entrata nella lista delle 65 personalità e 18 entità russe colpite dal sesto pacchetto di sanzioni adottato formalmente ieri dal Consiglio europeo. Il Regno Unito aveva punito per primo la presunta compagna del presidente russo. Adesso anche l’Ue fa lo stesso, dopo aver già colpito l’ex moglie di Zar Vlad, Lyudmila, e le prime due figlie Katerina e Maria. In questo modo, Bruxelles interviene non solo su uno dei grandi segreti e affetti del presidente russo ma anche su una serie di figure che possono aiutare il Cremlino a eludere le sanzioni. Ma la ribellione sarebbe già in corso. Secondo il sito d’informazione Politico, una ventina di oligarchi hanno fatto ricorso alla Corte di Giustizia europea contro le sanzioni. Fra questi ci sarebbero Roman Abramovich, Mikhail Fridman, fondatore dell’Alfa Group; Petr Aven, ritenuto «uno degli oligarchi più vicini a Vladimir Putin» e il miliardario Alisher Usmanov. Ma ieri la Ue ha alzato il tiro. Kabaeva, con la quale Putin non ha mai confermato una relazione, sarebbe la madre di almeno due figli dello «Zar», «beneficiaria della sua ricchezza» e a giudicare dalla fede esibita all’evento dedicatole a fine aprile, l’Alina Festival poi trasmesso durante la Festa della Vittoria il 9 maggio, il leader russo potrebbe anche averla sposata, dopo averle garantito un posto nel cda del National Media Group, gruppo di media del Cremlino.
Il nome di Kabaeva tra i sanzionati, così come quello della moglie e dei figli del portavoce di Putin, Dmitry Peskov, sono il segno che l’Ue va avanti nell’isolamento dei beneficiari del potere e dei rubli del presidente, oltre che dei responsabili della guerra. Nella «lista nera» figurano il generale Mikhail Mizintsev, «il macellaio di Mariupol» e il colonnello Azatbek Omurbekov, «il macellaio di Bucha». Colpiti politici, uomini d’affari e i loro familiari. Tra questi il miliardario Arkady Voloz, fondatore di Yandex, il più grande motore di ricerca russo, colluso con la propaganda russa. Il sesto pacchetto di sanzioni, partorito dopo giorni di tira e molla con l’Ungheria, che ha dettato le sue condizioni e ottenuto l’esclusione del Patriarca della Chiesa ortodossa Kirill, è il grande passo per emanciparsi dal petrolio russo. L’Ue rinuncerà al greggio di Mosca entro sei mesi e a tutti i prodotti petroliferi russi entro otto. In tutto dirà addio al 90% dell’import petrolifero russo. Cifre non da poco: l’anno scorso il totale di greggio acquistato da Mosca è stato pari a 48 miliardi, mentre per i prodotti raffinati se ne sono spesi 23. L’Ucraina ringrazia: «Siamo grati per la decisione. Avrà un impatto significativo sul budget dell’aggressore e sulla capacità di finanziare la guerra». Ma ci saranno eccezioni per i Paesi senza sbocco sul mare come Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Eccezione anche per l’import via mare della Bulgaria, fino a fine 2024. E per la Croazia, fino a fine 2023. Chiuso il sesto pacchetto, si guarda al Consiglio europeo del 24 e 25 giugno. Ieri Ursula von der Leyen ha incontrato a Parigi Emmanuel Macron, e ha promesso che l’Ue sosterrà l’Ucraina «per tutto il tempo necessario». Ma il tema scottante, a fine mese, sarà l’ingresso nell’Ue. Troppo presto per parlare di gas, dice Josep Borrell: «Non ci sono ancora forniture alternative». Il primo passo per l’Ucraina è ottenere lo status di candidato, poi via ai negoziati. Kiev ha chiesto ai 27 di «avere coraggio».
Macron e il tedesco Scholz l’hanno gelata: «Ci vorranno 15-20 anni». La Commissione darà un parere entro giugno. Ursula ieri detto la sua: «Niente scorciatoie, ma l’ingresso di Kiev non è solo interesse strategico ma un dovere morale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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