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"Chi lascia l'Islam rischia la vita". L'allarme sui diritti umani in Iran

L'appello di Aiuto alla Chiesa che Soffre: "Le istituzioni internazionali intervengano per ottenere il rispetto della libertà religiosa". E sulla ragazza italiana arrestata: "Restituire Alessia in sicurezza ai suoi cari"

"Chi lascia l'Islam rischia la vita". L'allarme sui diritti umani in Iran

"Auspichiamo che Alessia Piperno possa essere presto restituita in sicurezza ai propri cari". È l’appello della fondazione pontifica Aiuto alla Chiesa che Soffre, che denuncia come siano diversi i diritti umani violati nella Repubblica Islamica dell’Iran, a partire da quello alla libertà religiosa.

Il caso di Masha Amini, la 22enne curda uccisa pestata a morte dagli uomini della polizia morale di Teheran, che l’avevano prelevata per le strade della capitale perché non indossava il velo in modo "conforme" ai dettami della legge islamica, sarebbe soltanto la punta dell’iceberg. "Qualsiasi attività volta a diffondere il Vangelo in Iran è contro la legge", spiega l’organizzazione denunciando come "le Chiese non registrate, soprattutto quelle evangeliche, sono considerate nemiche dello Stato e subiscono una persecuzione sistematica".

Anche i cristiani, rende noto Acs-Italia, "sono spesso vittime di arresti arbitrari, detenzione e aggressioni da parte della polizia". "Molti fedeli sono stati arrestati durante cerimonie religiose e accusati di crimini contro la sicurezza nazionale", aggiunge la fondazione. Non solo. Chi professa la fede in Cristo non può accedere a posizioni lavorative come quella di "dirigente scolastico", mentre per la costruzione e il restauro delle chiese esistono limitazioni legali.

Aiuto alla Chiesa che soffre denuncia inoltre i divieti sulle celebrazioni in lingua farsi, l’idioma nazionale, che non consente di officiare messe in persiano. Di conseguenza "comunicare la fede diventa impossibile". Chi si converte dall’Islam al cristianesimo, va avanti la nota della fondazione, può rischiare la vita. L’accusa a cui si va incontro è quella di apostasia, reato per il quale è prevista la pena capitale. Ma ad essere in pericolo, come dimostra il caso delle donne accusate di "mal velo", sono anche gli stessi musulmani, in particolare quelli che non condividono l’interpretazione dell’Islam del regime.

"Sono esposti a tutte le tipologie di abusi, incluse le condanne a morte", denuncia Acs-Italia. Tra i più colpiti ci sono i musulmani sunniti, sufi e la comunità baha’í. Tutte le minoranze che vengono riconosciute, insomma, sono costantemente sotto la lente d’ingrandimento degli organi di sicurezza della Repubblica islamica. "Considerata la brutale repressione del dissenso interno, le prospettive per la libertà religiosa nel Paese restano tristemente negative. Per questo non possiamo ricordarci della violazione dei diritti umani in Iran solo quando le notizie di cronaca rendono evidente la punta dell’iceberg", è la considerazione del direttore, Alessandro Monteduro.

"Le istituzioni internazionali – insiste - dovrebbero intervenire quanto prima e in modo concertato per ottenere il rispetto della libertà religiosa e degli altri diritti fondamentali".

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