In questi giorni segnati dall’allarme per la diffusione dell’epidemia di coronavirus è facile vedere persone, soprattutto in Cina e in altri Paesi asiatici, che indossano le mascherine per tentare di evitare il contagio. Del resto, lo scorso lunedì la portavoce del ministero degli Esteri del governo di Pechino, Hua Chunying, con un appello urgente aveva lanciato una richiesta di aiuto alla comunità internazionale chiedendo l’invio dei dispositivi di protezione necessari al personale sanitario che opera nella cura dei malati.
Solo il Vaticano ha inviato circa 700 mila mascherine attraverso il sostegno dell'Elemosiniere pontificio, il cardinale Konrad Krajewski, della Farmacia Vaticana e delle comunità cristiane cinesi in Italia. L’elevata richiesta di tali strumenti però potrebbe aprire un nuovo fronte di crisi. Secondo l’Oms in tutto il mondo si segnala una carenza di mascherine e dispositivi di protezione "Stiamo inviando kit per i test, maschere, guanti, respiratori e abiti ai paesi di ogni regione”, ha dichiarato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, durante un briefing sul coronavirus a Ginevra. ''Tuttavia- ha continuato- il mondo sta affrontando una carenza cronica di dispositivi di protezione individuale, come si può immaginare".
Sarebbe un disastro se i medici impegnati a fronteggiare l’epidemia non avessero più gli strumenti per difendere loro stessi dal coronavirus. Ghebreyesus ha anche sottolineato che la forte domanda, fino a 100 volte superiore al normale, sta creando perturbazioni sul mercato tanto che ''i prezzi sono fino a 20 volte più alti''.
"Chiediamo ai Paesi e alle aziende di collaborare con l'Oms per garantire un uso equo e razionale delle forniture di questi dispositivi e il riequilibrio del mercato. Tutti abbiamo un ruolo da svolgere per tenerci al sicuro", ha aggiunto il direttore Oms. "La prima priorità sono gli operatori sanitari. La seconda priorità chi è malato o si prende cura di qualcuno che è malato. L'Oms scoraggia l'accaparramento di dispositivi di protezione personale in Paesi e aree in cui la trasmissione" del coronavirus "è bassa".
Secondo Ghebreyesus questa situazione ''è stata esacerbata dall'uso massiccio e inappropriato'' delle protezioni "al di fuori della cura del paziente. Di conseguenza, ora ci sono scorte esaurite e arretrati di 4-6 mesi. Le scorte globali di mascherine e maschere per l'ossigenoterapia sono insufficienti per soddisfare le esigenze dell'Oms e dei nostri partner".
L’epidemia di coronavirus non si ferma. Anche la Corea del nord avrebbe registrato il primo caso di contagio. Una cittadina di Pyongyang tornata dalla Cina avrebbe contratto l'infezione. Lo ha rivelato oggi una fonte anonima al quotidiano sudcoreano "JoongAng Ilbo".
Sembrerebbe che i funzionari nordcoreani, temendo l’espandersi dell’epidemia anche nei confini nazionali, abbiano iniziato a prendere le prime contromisure a fine gennaio. Tutti coloro che hanno recentemente visitato un paese straniero sono stati isolati e sottoposti al test medico. Proprio durante questo processo, una donna della capitale è risultata positiva. La fonte non ha precisato quando sia stata diagnosticata l'infezione ma ha riferito che la donna mostrava i sintomi del virus. Tutti coloro che hanno avuto stretti contatti con la paziente sono stati messi in quarantena.
La Corea del Nord dalla fine di gennaio ha limitato l'accesso ai turisti
provenienti dalla Cina e ha cancellato i voli tra Pyongyang e Pechino. Inoltre, il regime comunista ha sospeso il rilascio dei visti per viaggiare verso il Paese e ha bloccato il traffico alla frontiera con proprio con la Cina.
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