Ai piani alti dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) c'è preoccupazione per quello che sta accadendo in Italia. Hans Kluge, direttore dell'Oms in Europa, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano La Repubblica in cui ha espresso tutte le sue perplessità in merito a una situazione da monitorare con estrema attenzione.
“Quello che preoccupa della situazione italiana – ha esordito Kluge - è che non tutti i casi registrati sembrano avere una chiara storia epidemiologica, cioè un legame con viaggi in Cina o contatti con altri casi già confermati”. Ed è proprio questo particolare a far salire l'allerta perché per isolare l'epidemia è fondamentale sia capire come si sono svolti gli eventi e che identificare i contagiati.
“Gli sforzi delle autorità italiane sono ammirevoli – ha proseguito Kluge – Noi ci siamo offerti di lavorare insieme per dare il nostro supporto per il bene dei cittadini italiani e della comunità internazionale”. Lo scenario del nostro Paese, nonostante desti particolare apprensione, “non è una sorpresa”. Il motivo è semplice: qualcosa del genere era già stato osservato dall'Oms anche in altri Paesi diversi dalla Cina.
La finestra si sta restringendo
A proposito delle misure adottate da Roma, Kluge puntualizza un aspetto: “Gli spostamenti globali delle persone sono ormai tali che c'era da aspettarsi casi anche in altre aree del pianeta, Europa compresa. Ora dobbiamo limitare la trasmissione da persona a persona, attraverso misure di mitigazione. Il che significa una maggiore igiene delle mani e delle vie respiratorie”.
Riguardo la preoccupazione degli italiani, il direttore dell'Oms in Europa invita tutti a informarsi: “Non dobbiamo dimenticare il contesto ovvero che il 98% dei casi sono in Cina, in più dell'80% dei casi le persone infettate hanno avuto sintomi lievi, mentre meno del 15% sono in condizione serie e solo nel 5% dei casi si registra una patologia grave. Al momento osserviamo una mortalità di poco sopra il 2%, la maggior parte persone anziane con patologie pregresse”.
Kluge ha poi parlato della differenza che esiste tra l'influenza, “una malattia stagionale per la quale le persone più a rischio possono essere protette adeguatamente”, e il coronavirus, “un virus nuovo” per il quale non vi è ancora alcun vaccino.
“Anche se i casi al di fuori della Cina restano relativamente bassi – ha concluso il direttore – cominciamo a essere preoccupati per il numero di contagi che non hanno un chiaro legame con viaggi dalla Cina o con persone già malate. Questo sta restringendo la finestra. Il contenimento però è ancora possibile”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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