Coronavirus

Dai volontari ai medici: gli "eroi" cinesi ai tempi del coronavirus

Medici che lavorano senza sosta, operai che costruiscono istituti sanitari in pochi giorni, volontari che supportano il governo nei villaggi rurali: questi sono solo alcuni degli "eroi" comuni che stanno combattendo contro il coronavirus in Cina

Dai volontari ai medici: gli "eroi" cinesi ai tempi del coronavirus

Nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare del nuovo coronavirus, dei suoi sintomi, di come ridurre al minimo le occasioni di essere contagiati, della drastica risposta messa in campo dal governo cinese e delle possibili origini della malattia, tutt'ora sconosciute.

Eppure, in mezzo a uno scenario quasi apocalittico, nella Cina infettata dal 2019-n-Cov, ci sono decine e decine di storie di persone comuni che meriterebbero di essere raccontate.

In prima fila ci sono loro, i medici che da quasi un mese stanno lottando senza sosta contro un'emergenza più grande perfino delle dimensioni della nazione in cui vivono. Sono stati soprannominati "angeli bianchi" perché, per operare in condizioni di sicurezza nelle corsie degli ospedali pieni di pazienti infetti, devono indossare appositi abiti bianchi, oltre a tutte le altre protezioni del caso.

La loro vita, in questi giorni, è fatta di tanto sacrificio e altrettante rinunce: poche ore di sonno, piaghe sulla faccia per il prolungato uso delle mascherine e una vita vissuta interamente sul posto di lavoro.

Operai e volontari

Data l'entità dell'emergenza, il governo cinese ha imposto la costruzione, a tempo record, di nuove strutture prefabbricate pensate appositamente per accogliere i pazienti infettati dal nuovo coronavirus. A Wuhan, epicentro del contagio, lo scorso 25 gennaio le autorità hanno disposto la costruzione di un ospedale. Dopo 12 giorni in cui gli operai hanno lavorato giorno e notte, l'ospedale di Leishenshan ha preso forma.

Come ha raccontato Xinhua, uno dei lavoratori impegnato nell'edificazione del citato ospedale ha deciso di donare il suo intero stipendio all'istituto. Il suo nome è Gong Dafei e la sua storia merita di essere approfondita.

Nonostante la disapprovazione dei familiari, preoccupati per la sicurezza del 30enne, Gong ha lasciato la sua casa a Datong, nella provincia dello Shanxi, e si è diretto a Wuhan per costruire il Leishenshan. Al termine dei lavori, la sorprendente scelta: “Sappiamo tutti che l'ospedale è di grande importanza per Wuhan e persino per l'intero paese. Decido di donare il mio stipendio alla costruzione dell'ospedale. Voglio solo contribuire con il mio piccolo importo e spero di accogliere presto la vittoria”.

Nella Cina profonda, quella lontana dalle grandi megalopoli e dove le tecnologie sono arrivate con il contagocce, i quadri locali del partito hanno recepito le linee guida del governo centrale nel miglior modo possibile, pur con limitatissime risorse. E così, grazie anche al supporto di volontari, i piccoli villaggi di campagna hanno creato quarantene capillari, controllando ogni singolo cittadino che entrasse o uscisse dal centro abitato.

Volontari, medici, operai: queste sono soltanto alcune delle persone in prima fila nella lotta contro il coronavirus.

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