Vi spiego perché il sogno americano resiste ancora

Tra la violenza nelle grandi città, la corsa all'acquisto a pistole e fucili e l'accusa di razzismo, l'America pare una potenza in declino. Ma in realtà il sogno americano che la sostiene e vivo e vegeto. E ancora oggi resta il paese in cui coltivare le utopie personali

Vi spiego perché il sogno americano resiste ancora

Cos’è successo al Sogno Americano?! Che si è avverato! Lo stiamo ammirando”, dice il Comico, cinico personaggio del comic book “The Watchmen” mentre è intento a sedare una rivolta. Con questo paradosso, Alberto Bellotto apre il capitolo conclusivo del volume “Il tramonto del sogno americano” (ed. Giubilei Regnani), una cavalcata nei secoli della storia americana per dipingere quello che fu un sogno per molte generazioni. Ma ora il sogno americano è davvero tramontato? Dipende, prima di tutto, dalla propria visione del mondo, da cosa si voglia ottenere dalla vita e dalla società. Proprio dalle pagine del libro, capitolo per capitolo, possiamo leggere in trasparenza un sogno in quello che viene descritto come un incubo.

Violenza: tutti i film americani dipingono una società violenta, perennemente aggressiva. Il visitatore occasionale, al contrario, rimarrà strabiliato dall’ordine che regna sovrano, in quasi tutti gli Stati americani. Se si evitano le grandi città, soprattutto in questi ultimi due anni, da quando si registra una nuova impennata di violenza, l’America apparirà pulita e tranquilla quanto un cantone svizzero, a partire dalle auto che danno la precedenza ai pedoni che attraversano la strada e dai passanti che aiutano di loro sponte il turista che appare in difficoltà. La violenza non è una caratteristica della società americana, non lo è in queste piccole cose, ma nemmeno nella sua storia. La vera grande macchia nel passato è la Guerra Civile (1861-65), che paradossalmente viene mitizzata dalla storia. Ma per il resto l’America ha evitato tutte le brutture che hanno caratterizzato il Novecento europeo. Le due guerre mondiali non sono nate dal Nuovo Mondo. Gli Usa non hanno mai conosciuto le dittature autoritarie e totalitarie. Non hanno avuto gli arcipelaghi di lager e gulag, le maggiori fabbriche di omicidi della storia: 100 milioni di morti in meno di un secolo, molto peggio di ogni guerra conosciuta.

La non-lezione dell'Europa sul razzismo

La macchia della schiavitù, con la coda di razzismo e antirazzismo che ha lasciato fino ad ora, è un cerino acceso che gli europei hanno lasciato in mano agli americani. Sono i regni colonialisti che hanno creato il problema, mettendosi in competizione con arabi e turchi. Sono poi i regni coloniali che l’hanno abolita, lasciando però che fosse l’America a risolvere un problema grande quanto mezzo continente: un’economia agricola interamente dipendente dalla manodopera schiavista. Ed è l’America che ha dovuto risolverlo, con la Guerra Civile, costata 600mila morti alle due parti in conflitto. Il “genocidio indiano”, che non fu un genocidio, ma un insieme di conflitti impari, è l’altra macchia della storia che gli americani non si perdonano. Ma era evitabile? Tutte le volte che una civiltà avanzata si è incontrata con una più arretrata, l’esito è stato sempre lo stesso. Fanno eccezione solo i barbari che nel V Secolo posero fine a un ormai decaduto Impero Romano d’Occidente, ma nei secoli, in America del Nord, in America del Sud, in Africa, in Asia meridionale e orientale, la civiltà più avanzata e organizzata si è scontrata con quella più arretrata e l’ha vinta.

Il tramonto del sogno americano

Il razzismo è la bestia nera della società e della cultura americana. Ma quante altre nazioni hanno attraversato i secoli senza combattere conflitti etnici, di maggioranze contro minoranze armate? L’Europa non può dare lezioni agli Stati Uniti, con le sue continue guerre e stermini, placatisi solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale e riesplose all’improvviso dopo il collasso di Urss e Jugoslavia. Negli Usa, la violenza nelle città, nei quartieri a maggioranza nera o ispano-americana riproduce la conflittualità ancestrale fra clan e fra tribù di chi la pratica, ma non è mai arrivata al punto di sfociare in una guerra. Le armi sono diffuse, per principio, più che per necessità: anche secondo gli autori del Secondo emendamento, servono per una rivoluzione potenziale, se lo Stato dovesse tradire i suoi patti fondamentali con i cittadini. Ma proprio l’enorme diffusione delle armi spiega quanto sia basso il livello di violenza negli americani: potrebbe esserci una guerra al giorno, una strage all’ora, ma non c’è. L’arma è difensiva, nella cultura individualista americana e la violenza esplode laddove il suo possesso è drasticamente limitato, come nelle grandi metropoli.

Libertà per l'utopia individuale

La caratteristica fondamentale della libertà americana è incardinata nella proprietà. Ognuno è libero di organizzare la sua utopia, basta che ne sia proprietario e rispetti i sogni altrui. Il proprietario originario, colui che ha colonizzato una terra e l’ha resa produttiva, si arricchisce scambiando beni e servizi o si impoverisce se non ha talento o fortuna. La violenza di Stato, non è accettata come strumento di arricchimento. L’Europa è abituata a vedere ricchezze accumulate nei secoli con le predazioni e le guerre. Lo Stato nazionale democratico europeo ha sostituito il re con il parlamento, ma la ricchezza è sempre concentrata in chi controlla tasse e spesa pubblica, una forma meno violenta di predazione. L’America, nella sua breve storia non ha mai conosciuto le lotte fra signori, principi e re per il possesso di terre e ricchezze. I miliardari di oggi, come Mark Zuckerberg, Bill Gates, Elon Musk, o Jeff Bezos, sono più ricchi di molti re, anche senza aver mai combattuto e vinto guerre di conquista. E senza mai aver vinto un posto al sole nell’arena politica, per il controllo dei soldi pubblici.

“Fare soldi” è il marchio di fabbrica del sogno americano. Ed è un sogno vero, come ben scriveva Ayn Rand (nata Alissa Rosenbaum in Russia e fuggita negli Usa all’alba dello stalinismo), nel suo romanzo “La Rivolta di Atlante”: “Le parole ‘fare soldi’ contengono l’essenza della moralità umana. Eppure queste furono le parole per le quali gli americani furono condannati dalla cultura dei continenti dei pescecani.

Ora il credo dei pescecani vi ha convinti a considerare le vostre più grandi conquiste come un marchio di infamia, la vostra prosperità come una colpa, gli industriali come delinquenti, e le vostre meravigliose fabbriche con il prodotto e la proprietà di un lavoro muscolare, il lavoro di schiavi, frustati come quelli delle piramidi d’Egitto. Il farabutto che dice di non vedere alcuna differenza fra il potere del dollaro e quello della frusta, dovrebbe imparare la differenza sulla sua stessa schiena. Come penso che avverrà”.

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