“Se dici una menzogna enorme e continui a ripeterla, prima o poi il popolo ci crederà", sosteneva uno dei maggiori esperti di propaganda del secolo scorso, Joseph Goebbels. Questo assioma, nel conflitto straziante che si sta consumando da oltre due settimane in Ucraina, viene preso alla lettera da entrambe le parti belligeranti. Dagli invasi come dagli invasori. E non è una questione di parteggiare, di essere filo-putiani, e finire delle liste di proscrizione che qualche firma del giornalismo ha pure trovato il tempo di stilare; o d'essere convinti che ogni informazione condivisa dalla nascente “rete di aggiornamenti di guerra” diffusa da Kiev sia verità imprescindibile. L’autore in questione, ad esempio, è subito finito nel mirino dei detrattori per aver riportato la favoleggiante storia del “fantasma di Kiev”. Per molti è ancora un’eroica realtà.
Il punto è semmai l’oggetto della propaganda e l’entità del danno che può causare la disinformazione. Non bugie bianche e bugie nere: bensì bugie plausibili e vere e proprie montature per disorientare l’opinione pubblica che, in mancanza di conoscenze fondamentali nel campo bellico e geopolitico, spesso finisce per essere oggetto di facilissima circonvenzione mediatica. In questo campo, la rinomata propaganda russa sta cercando di colmare l’assenza dei primi dieci giorni di conflitto. Che devono averla vista - supponiamo - impegnata a 360° nell'opera di convincimento interno. Mossa nei confronti del popolo russo che doveva giustificare la mobilitazione e le operazioni militare come un atto condivisibile e imprescindibile: la denazificazione dell’Ucraina.
“La menzogna si può mantenere per il tempo in cui lo Stato riesce a schermare la gente dalle conseguenze politiche, economiche e militari della menzogna stessa. Diventa così di vitale importanza per lo Stato usare tutto il suo potere per reprimere il dissenso”, sosteneva sempre Goebbels; e mentre l’opinione pubblica russa, almeno quella parte che viene mostrata nei nostri servizi giornalistici - che si fermano nei centri di Mosca e San Pietroburgo, non possono raggiungere i villaggi della remota Burazia, dalla quale provengono molti dei soldati inviati in Ucraina - manifesta contro lo zar Vladimir Putin e le sanzioni, la questione della propaganda rivolta “all’Estero”, ha preso forma per rispondere agli atti atroci che colpiscono la popolazione civile ucraina.
Parliamo del raid sull’ospedale pediatrico di Mariupol. Dove i russi sostengono si fosse annidato il Battaglione Azov. Le donne in cinte e i cadaveri di bambini immortalati dalla stampa? Per i russi si tratta di influencer recitanti e manichini. La donna con il volto insanguinato dopo gli scontri a Chuhuiv? Si tratterebbe di un membro della “unità operazioni psicologiche” formata da Kiev con del succo d'uva sul volto. E lo stesso vale per i civili bombardati durante l'evacuazione di Mariupol: per gli esperti di Mosca erano scudi umani sequestrati dai “neonazisti” combattetti ucraini. Ultima, e forse più roboante, perché rilanciata su tutte le piattaforme complottiste del mondo: il finanziamento da parte delle eminenze grigie di Washington di alcuni laboratori per lo sviluppo di armi biologiche in Ucraina.
“La vicenda dei laboratori e delle armi biologiche si capisce meglio attraverso la storia della disinformazione - ha riferito al Corriere della Sera Thomas Rid, autore del saggio Misure Attive. "Le accuse arrivano in modo predominante dai media statali russi, ma anche dai cinesi, ma poi quella narrativa è stata ripresa dalle frange del nostro dibattito politico". Un asse che attraverso il reciproco rinfianco a livello mediatico da parte dei giganti dove i “mass media” sono cosa del governo, finisce per essere diffuso anche nelle eurocrazie da milioni di bot e utenti reali sui social network. Le armate della disinformazione o dell’errata comprensione che finiscono per innescare le “fake news” messe a punto dalla propaganda di Mosca. Che si addestra da almeno un decennio a questo nuovo metodo di portare avanti il proseguimento della Guerra Fredda.
È così che personaggi come il giornalista della nota emittente statunitense Fox News, Tucker Carlson, già considerato simpatizzante di Putin, finisce col riportare al grande pubblico informazioni parzialmente errate (fino a prova contraria) sulle dichiarazioni rilasciate da alcuni funzionari statunitensi riguardo le armi biologiche finanziate dagli americani che si troverebbero in Ucraina. La notizia riportata: “La sottosegretaria Victoria Nuland ha accennato casualmente nell'audizione al Senato che sì, l'amministrazione Biden finanzia una serie di laboratori biologici in Ucraina”, diventa così la punta dell’iceberg di una nuova o vecchia teoria del complotto. “La teoria della cospirazione in un fatto”, ha twittato in seguito Donald Trump jr, alimentando ulteriormente la lettura di un "fatto" in chiave errata. Poiché è vero che americani hanno finanziato “centri di ricerca biologici” per la protezione dall’impiego in guerra di agenti patogeni, pare, ma non laboratori per il loro sviluppo e dunque per lo sviluppo armi biologiche.
“Un tipico schema della disinformazione”, ha convenuto il professore di studi strategici Rid, che pone l’attenzione sulla “sinergia tra gli estremi dello spettro politico e le agenzie di intelligence straniere”. “Non voglio dire che il Gru o l'Fsb (servizi segreti russi, ndr) paghino necessariamente agenti occidentali, anzi, ma piuttosto che c'è un incontro delle menti, una sorta di interesse comune nel mettere in discussione quello che l'Occidente e in particolare il governo americano sta facendo”, ha commentato Rid. “Una bugia fa in tempo a compiere mezzo giro del mondo prima che la verità riesca a mettersi i pantaloni”, sosteneva Winston Churchill, che aveva molti avversari politici, e non poteva neppure immaginare la portata dei nuovi social network.
Queste informazioni che tendono a mettere in discussione l’operato del governo, vengono diffuse anche da molti giornalisti e intellettuali chi parteggiano o si schierano contro determinate fazioni politiche - non solo dai bot e dai troll che fagocitano quei cittadini che, come nel caso della stragrande maggioranza americani, non sanno neanche indicare l'esatta posizione dell'Ucraina su un planisfero (spaziano da una concentrazione di incidi che cadono Sun punti indeterminati dell’Europa Continentale fino all’Africa, in Sud America e gli stessi Stati Uniti), ma finiscono per convincersi che proprio lì lo Zio Sam stava finanziando delle armi biologiche da usare contro il "nemico".
Questo sistema amplifica la diffusione di fake news casuale o di notizie “incerte” - come la vera missione del banchiere negoziatore Denis Kireev, spia uccisa mentre era al soldo di Kiev o di Mosca? - ; o addirittura sostiene involontariamente le notizie confezionate dagli esperti di propaganda. Come quelle diffuse dalle ambasciate russe riguardo il bombardamento dell'ospedale di Mariupol. Per l’esperto consultato dal Corriere, la domandapincipale da porti è: "Da dove arrivano queste idee?”, e cita una delle più assurde vicende della disinformazione mondiale: “L’idea che l'Aids fosse un'arma biologica costruita negli Stati Uniti, non fu inventata ma solo amplificata dal Kgb”. “Partita dai movimenti degli attivisti gay di estrema sinistra ostili al governo americano e poi i sovietici l'avevano cavalcata”. Uno schema importante da tenere a mente, secondo Rid, perché svela il funzionamento della sofisticata macchina di propaganda moderna, che è all’origine della polarizzazione delle idee sul quale poi si dividono anche i cittadini di Paesi terzi in merito alle posizioni prese da un dato governo nella propria politica estera. Ad esempio in Italia anche branche pacifiste iniziano a "cedere" all’idea di finanziare o cedere armi a Kiev.
All’occorrenza questa ondata di disinformazione “inoculata da Mosca” ed amplificata dagli interessi politici interni, finisce per vestirsi da “verità che non vogliono mostrarci”, convincendo coloro che vogliono convincersene; e lasciando a chi analizza i fatti un’altra fatidica domanda: chi sono questi loro?
Per Rid “tutta la storia della disinformazione si sviluppa in tempo di pace, o almeno di conflitto non militare”. Solo adesso notiamo come anche in tempo di guerra, si può strutturare una rete di propaganda funzionale in poco tempo. Sopratutto se i fruitori già simpatizzano con un’idea di fondo. È il caso d’esempio dell’attivissima macchina di propaganda dell’esercito di Kiev, che sta realizzando molti video ad hoc per sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale, ma anche per demoralizzare il nemico.
Fanno parte di questa operazione i video dei soldati russi catturati in lacrime, e quelli dei carri armati e dei caccia bombardieri russi che vengono distrutti e abbattuti “a centinaia”, secondo i bollettini di guerra diffusi dall’esercito ucraino. Tutto questo ha un fine che va oltre ben oltre la semplice informazione. È un’offensiva mediatica di successo per rispondere a Mosca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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