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Flynn, declassificate le telefonate con l'ambasciatore russo Kislyak

Nessuna collusione nelle conversazioni telefoniche fra Flynn e Kislyak declassificate e inviate al Congresso. Il consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump fu incastrato dall'Fbi e dai funzionari di Obama

Flynn, declassificate le telefonate con l'ambasciatore russo Kislyak

Nuove clamorose rivelazioni sul caso Flynn. Nelle scorse ore sono state declassificate le conversazioni telefoniche fra l'ex consigliere per la sicurezza nazionale, il tenente generale Michael T. Flynn, e l'ex ambasciatore russo Sergey Kislayk del dicembre 2016 (22, 23, 29, 31 dicembre e 12 e 19 gennaio 2017), che rivelano come i due non abbiano mai discusso della rimozione delle sanzioni imposte alla Russia, come suggerito dagli ex funzionari dell'amministrazione Obama. Le trascrizioni sono state rilasciate due importanti senatori del Gop venerdì dopo essere state declassificate dall'Ufficio del direttore dell'intelligence nazionale. Nel gennaio 2017, l'editorialista del Washington Post David Ignatius scrisse che Flynn aveva discusso della revoca delle sanzioni imposte dall'amministrazione Obama alla Russia. Tuttavia, nelle trascrizioni appena pubblicato non c'è alcun punto nel quale il tenente generale discuta o prometta le azioni descritte dalle fonti che hanno passato le informazioni al Washington Post.

Flynn incastrato dall'Fbi: Barack Obama e James Comey non potevano non sapere

"Il generale Flynn, il suo team legale, il giudice e il popolo americano possono ora vedere con i propri occhi - per la prima volta - che le accuse contro Flynn erano inventate", ha spiegato il senatore Chuck Grassley. "Non c'era nulla di improprio nella sua chiamata, e l'Fbi lo sapeva". Come spiega anche Atlantico Quotidiano, anche il presidente Barack Obama e il direttore dell’Fbi Comey sapevano che non c’erano elementi di collusione, avendo ricevuto le trascrizioni di quelle chiamate. Eppure, furono proprio i vertici dell’Fbi, il 4 gennaio, tramite l’agente Strzok, a decidere di tenere aperta l’indagine e procedere all’interrogatorio del 24 gennaio, senza alcuna base legale, al solo scopo di incastrare Flynn.

Che cosa si dissero veramente l'allora consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump e l'ambasciatore russo? Conversazioni normalissime fra due diplomatici. Come riportato da Fox News, Flynn, nella serie di telefonate, spiegava che la Russia e gli Stati Uniti avevano un interesse comune a lavorare per la pace in Medio Oriente. "Sai che l'obiettivo strategico è la stabilità in Medio Oriente ... tra te e me, e lo sappiamo, e sai ... e tra Mosca e Washington, non raggiungeremo la stabilità in Medio Oriente senza lavorare l'uno contro l'altro contro questo radicale Folla islamista", sosteneva Flynn nella telefonata del 22 dicembre 2016. Kislyak in seguito spiegava a Flynn, in una telefonata del 29 dicembre, che la Russia aveva "riserve significative" sulla politica americana in Medio Oriente. Inoltre, le trascrizioni smentiscono le accuse formulate nei suoi confronti dal team Mueller che portarono al patteggiamento. L'allora prossimo consigliere per la Sicurezza del presidente eletto Donald Trump esortò inoltre l'ambasciatore russo a Washington a reagire alle sanzioni annunciate da Barack Obama - per le presunte interferenze nelle appena svolte elezioni presidenziali - con una risposta "reciproca", in modo da evitare una possibile escalation.

Così si è sgonfiato il Russiagate: ritirate le accuse contro Flynn

All'inizio di maggio il Doj ha deciso di far decadere ufficialmente tutte le accuse contro il tenente generale, consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump dal 20 gennaio al 13 febbraio 2017, tra le prime "vittime" dell’inchiesta sul Russiagate. Il Dipartimento di Giustizia aveva confermato il ritiro di tutte le accuse contro il primo consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Donald Trump. Nei documenti giudiziari depositati, il Dipartimento di Giustizia ha dichiarato che stava abbandonando il procedimento giudiziario "dopo un'analisi ponderata di tutti i fatti e le circostanze del caso, comprese le informazioni recentemente scoperte e divulgate". Il Dipartimento di Giustizia ha affermato inoltre di aver concluso che l'interrogatorio di Flynn da parte dell'Fbi era "ingiustificato" e che è stato condotto "senza alcuna legittima base investigativa".

Com’è emerso alla fine di aprile, un giudice federale statunitense ha desecretato documenti del Federal Bureau of Investigation (Fbi) che dimostrano come l’ex consigliere di Trump sia stato vittima di un "piano deliberato" del bureau allo scopo di incastrarlo. I documenti dissecretati includono una nota scritta di Bill Priestap, allora direttore del controspionaggio dell’Fbi, nel quale viene suggerita agli agenti dell’agenzia la condotta da adottare negli interrogatori a carico del generale Flynn: "Quale dovrebbe essere il nostro obiettivo? L’ammissione della verità, o spingerlo a mentire, così da poterlo processare e/o farlo licenziare?", recita la nota. L'ex direttore dell'Fbi James Comey ha ammesso pubblicamente di aver inviato agenti, tra cui Strzok, a intervistare Flynn nei primi giorni nell'amministrazione di Trump senza informare l'ufficio del legale della Casa Bianca.

Come riporta il New York Post, documenti rilasciati di recente hanno rivelato che l'Fbi chiuse un'indagine su Flynn il 4 gennaio 2017, dopo aver scoperto che non era un agente russo. Ma Strzok e la sua amante, l'ex avvocato dell'Fbi Lisa Page, con cui scambiava messaggi anti-Trump, intervennero per tenere aperto il caso citando il Logan Act del 1799, la controversa legge che vieta ai cittadini comuni di condurre rapporti diplomatici con una potenza straniera. Nel mirino dei repubblicani c’è l’incontro del 5 gennaio 2017 a cui parteciparono Obama, l’allora vicepresidente Joe Biden, l’ex direttore dell’Fbi James Comey, l’allora capo della Cia John Brennan e l’ex direttore dell’intelligence nazionale James Clapper.

Quei dubbi sul "renziano" Philips

Le strade della controinchiesta americana sulle origini del Russiagate – da Donald Trump ribattezzata Obamagate – potrebbero portare a Roma. Come riporta Forbes nella lista dei 39 ex funzionari dell’amministrazione Usa che chiesero che l’identità di Michael Flynn fosse rivelata nei rapporti dell’intelligence – un processo noto come unmasking – secondo i documenti resi disponibili a due senatori repubblicani dal direttore dell’intelligence nazionale Richard Grenell compaiono tra gli altri, oltre a Joe Biden, i nomi dell’ex direttore dell’Intelligence nazionale James Clapper, divenuto poi uno dei più vocali detrattori del presidente Trump; dell’ex direttore dell’Fbi James Comey; dell’ex capo del personale della Casa Bianca, Denic McDonough; ma soprattutto, l’allora ambasciatore Usa in Italia, John Phillips, grande "fan" dell'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, che però ha sempre negato ogni coinvolgimento nella vicenda.

Come ricordava La Stampa lo scorso febbraio, proprio a Roma, il 3 ottobre 2016, si era svolto un incontro segreto e cruciale tra gli investigatori dell’Fbi e il loro informatore britannico Christopher Steele, autore del famoso rapporto sulle presunte relazioni pericolose fra Trump e il Cremlino. Un dossier che poi si è rivelato essere in larga parte infondato e falso, come lo stesso ex membro dell’agenzia di spionaggio per l’estero della Gran Bretagna ha ammesso in seguito, finanziato peraltro da Fusion Gps, dal Comitato nazionale democratico, dalla Campagna di Hillary Clinton e dal Washington Free Beacon.

In buona sostanza, dai nemici di Trump.

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