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Fosforo e veleni: incubo tossico a Mosul

Amnesty International denuncia l’uso di armi al fosforo bianco in un villaggio a 20 chilometri da Mosul: “Il fosforo bianco può causare ferite terribili, bruciando all’interno dei muscoli e delle ossa anche a distanza di settimane”

Fosforo e veleni: incubo tossico a Mosul

Nel corso della progressiva avanzata della coalizione internazionale, lo Stato islamico è stato cacciato dal villaggio di Karemlash, 20 chilometri ad est dalla città irachena di Mosul, grazie all’utilizzo di proiettili al fosforo bianco (Wp).

A denunciare l’accaduto è Amnesty International sulla base degli scatti realizzati da un giornalista del The New York Times. Le immagini, da cui si evince l’impiego di munizioni contenenti “Willie Pete” (nome che in gergo militare indica il fosforo bianco, ndr), non permettono di stabilire con certezza a chi attribuire - tra forze governative irachene, Peshmerga del governo regionale del Kurdistan o coalizione a guida Usa - l’utilizzo di queste armi.

Così, in Iraq, si riaffaccia lo spettro delle armi chimiche. Sebbene la cittadina di Karemlash - dove Willie Pete ha fatto per la prima volta il suo ingresso - è stata evacuata nell’agosto del 2014, gli effetti nocivi del composto non si esauriscono nel momento dell’esplosione e, senza adeguati interventi di bonifica, continuano a propagarsi nel tempo a danno dei civili che, un domani, ripopoleranno i territori contaminati.

Gli stessi proiettili sono stati usati anche a Gaza nel corso dell’operazione israeliana denominata “Piombo Fuso” (2008-2009). In un approfondimento comparso su Middle East Monitor si legge che, al termine dell’intervento militare nella Striscia, “il ministero dell’agricoltura si è ritrovato costretto a scoraggiare gli agricoltori e i contadini dal lavorare nelle zone colpite da fosforo bianco, oltre che a dover segnalare i pericoli derivanti dall’utilizzare acqua proveniente da pozzi colpiti dai bombardamenti”.

La “Convenzione sulle armi chimiche”, formulata il 10 ottobre 1980 a Ginevra ed entrata in vigore tre anni dopo, in realtà non considera il fosforo bianco un’arma chimica, eppure Donatella Rovera – alta consulente di Amnesty International per la risposta alle crisi – mette in guardia sugli effetti devastanti della sostanza impiegata in campo militare: “Il fosforo bianco può causare ferite terribili, bruciando all’interno dei muscoli e delle ossa anche a distanza di settimane”.

“Questo significa che i civili in fuga dalla zona di Mosul o gli abitanti di Karemlesh che vorranno tornare a verificare le condizioni delle loro case nei prossimi giorni o nelle prossime settimane correranno grandi rischi, anche in presenza di pochi segni di pericolo visibili”, ha chiarito Rovera.

“Sollecitiamo l’Iraq e le forze della coalizione a guida Usa a non usare mai il fosforo bianco nei pressi di insediamenti civili, anche quando non vi sono persone presenti, poiché il rischio permane. Pertanto, queste munizioni non dovrebbero mai essere usate se non quando strettamente necessario per raggiungere obiettivi militari non conseguibili in altro modo”, ha precisato Rovera.

Dall’altra parte, invece, nelle scorse settimane, i Peshmerga hanno denunciato d’esser stati oggetto di ripetuti attacchi chimici da parte di Isis. In più di 19 occasioni le forze curdo-irachene sarebbero state bersagliate dalla bandiere nere con colpi di mortaio e razzi carichi di clorina e gas mostarda.

Quella di Karemlash non è la sola contaminazione con cui i civili iracheni hanno dovuto fare i conti. Lo scorso giovedì, infatti, una nube nera ha intossicato diverse centinaia di persone, ricoverate con difficoltà respiratorie, dopo che i jihadisti hanno incendiato una fabbrica di solfati a Mishraq, a sud di Mosul, per coprire la loro ritirata. “L’incendio è fuori controllo e provoca la diffusione nell’aria di gas velenosi”, ha spiegato Abdul Rahman al Wagga, membro del consiglio provinciale di Ninive.

Anche secondo quanto riferito dal direttore della sanità della regione, Jairi Awad al Jafaye, si è trattato di una “catastrofe umanitaria”.

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