È accaduto quello che si temeva. Le autorità europee da tempo sono in allerta. Tutti dicevano che prima o poi sarebbe successo. I radicali islamici alla riscossa e alla conquista. Tre uomini, due conosciuti dalle autorità francesi e americane. Due fratelli, uno che ha già assaggiato le carceri francesi due volte, l’altro che si è addestrato in Yemen con al Qaeda per quattro mesi. Due ragazzi cresciuti in fretta nelle periferie, scaricati da un istituto all’altro dopo che i genitori li hanno abbandonati. Persone che con 12 morti alle spalle, non hanno più niente da perdere. Assassini estremisti.
Nei mesi scorsi abbiamo fatto un viaggio in questo mondo e abbiamo scoperto che la situazione non è scontata e semplice come di solito all’indomani di un evento tragico, si cerca di far credere. L’odio del radicalismo in questo caso islamico semina l’odio di altri radicalismi. In mezzo, la gente, quelli che sono spaventati dall’idea che migliaia di reduci europei tornati dalla Siria possano tornare indietro e non fa differenza che si sia atei, cristiani o musulmani, l’odio uccide tutti, ieri due delle vittime erano musulmane, ma molti giornali si sono dimenticati di ricordarlo. Tanto più che in Siria e in Iraq quelli dell’Isis stanno uccidendo i militanti stranieri che ci ripensano, almeno 200 ragazzi sono stati uccisi negli ultimi dieci giorni. Quindi chi sono diventati quelli che tornano, o ai quali è permesso tornare? I musulmani europei, che sono europei quanto i cristiani e gli ebrei che vivono nei loro paesi, sono spaventati per l’ondata di islamofobia che i violenti scatenano. Ma se il problema esiste, se non è in discussione che ci siano delle persone che usano Dio per commettere dei crimini violenti, il punto, l’essenziale, il nostro futuro a qualsiasi fede o non fede sia appartenga, è come si reagisce, è come si argina la questione, è come si anticipa, è come non si permette a dei giovani di andare alla deriva prima che sia troppo tardi. Ho incontrato dei genitori disperati perché hanno scoperto che i loro figli, senza neanche salutarli, erano scappati in Siria per combattere.
Ho conosciuto un padre, ex soldato belga, che il figlio è andato a riprenderselo. Quel figlio, quel ragazzo appena maggiorenne affronterà la giustizia e se non bastasse quello che ha visto in guerra, o ha dovuto fare, la sua vita non sarà mai più la stessa. Non è una giustificazione, alla violenza che non ha mai giustificazione. Come non ce l’ha chi ha fatto saltare ieri un negozio di Kebab vicino a Parigi, o ha sparato contro una moschea. Ma capire i radicali significa cercare un modo per fermali prima che il peggio accada. Conoscere il disagio che li avvolge, è già un modo per intervenire. Ci sono esperti che studiano la loro psicologia, psichiatri che si occupano di deradicalizzazione, servizi segreti che controllano minuziosamente ogni spostamento, anche se non sempre al meglio visto i fatti di Charlie. Le autorità inglesi hanno stillato un documento di 49 pagine pensando di poter istruire gli insegnanti delle scuole moderne a decifrare un possibile futuro terrorista. Ma sarà fondamentale distinguere, sarà nel dettaglio che si avrà la differenza, ci sono 50 milioni di musulmani e solo l’1 o il 2 per cento rappresentano un pericolo reale e violento. Non è una battaglia contro tutti i musulmani che di solito sono le prime vittime del radicalismo, ma contro quella piccola percentuale letale. Ed è quello che non vogliono farci pensare i radicali, che la via di uscita sia nel dialogo tra culture diverse.
“Non crediamo nella democrazia”, mi ha detto un estremista che pochi giorni dopo il nostro incontro nella periferia di Londra, è stato arrestato. Ma nella stessa periferia c’erano persone, tutti musulmani che abbassavano lo sguardo quando lo vedevano, perché avevano paura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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