Israele: sì a una tregua duratura ma Hamas vuole un processo

Mentre si tratta il ministro palestinese al Maliki si rivolge all'Aia: «Crimini di guerra» I giornalisti che erano a Gaza rivelano: «Armi tra i civili, ma ci vietavano di filmare»

Gerusalemme Finita una guerra, se ne fa un'altra. Stavolta è quella dell'opinione pubblica internazionale, che quando si tratta di Israele sfodera i suoi più acuminati canini: ieri si è riunita l'Assemblea Generale dell'Onu e molti dei delegati non si sono occupati delle migliaia di morti in Siria, ma solo di coprire Israele di accuse. Il Consiglio per i Diritti umani dell'Onu ha già chiesto una commissione d'indagine per verificare eventuali crimini di guerra. Si prevede anche una riunione del Consiglio di Sicurezza. Sullo sfondo, il tribunale dell'Aja.

L'informazione è al centro di questa guerra: la sua incapacità di raccontare quello che è veramente accaduto a Gaza sembra il punto focale del biasimo che si addensa su Israele. Al Cairo gli incontri sono per ora cerimoniosi, in stanze diverse gli egiziani parlano con le delegazioni, gli israeliani pongono il problema del disarmo di Hamas, Hamas quello dell'apertura dei confini e del flusso del denaro. Il prolungamento della tregua però non c'è: Hamas non ci sta. Almeno a sentire Ynet online che cita un tweet del numero due di Hamas al Cairo, Moussa Abu Marzuk, ma nell'ombra si intravede Abu Mazen, il candidato dell'Egitto, di Israele e degli Usa per un cambiamento che metta all'angolo Hamas e disegni un cambio di mano a Gaza.

Ma se Abu Mazen si dichiara avverso alla violenza e da qui ottiene l'appoggio dei moderati, dall'altro lato tiene alta la sua egemonia presso tutti i palestinesi con l'accusa di crimini di guerra a Israele, che rende Netanyahu una specie di Milosevic. Il suo ministro degli esteri Ryad al Maliki martedì all'Aya ha chiesto l'ammissione al tribunale. L'eco molto negativa per lo Stato Ebraico si basa sulle immagini dalla Striscia. Israele sostiene che delle 1800 persone uccise il 50 per cento sono miliziani, che i civili nonostante gli avvertimenti con volantini e telefonate sono stati trattenuti come scudi umani nelle case, negli ospedali e nelle scuole. I missili sono stati lanciati da finestre, cortili, i miliziani si sono coperti di donne e bambini, molti edifici sono stati distrutti dal fuoco di Hamas mal mirato o volontariamente diretto per ottenere la solidarietà internazionale. Ci sono le prove?

Ora che i giornalisti sono usciti, cominciano a venire alla superficie. Si sa che fotografi e cameraman sono stati minacciati e espulsi se hanno fotografato militanti armati. Solo i poveri civili dovevano apparire nelle cronache. Nei sotterranei dell'ospedale Shifa c'è la centrale di Hamas, ma i giornalisti sono tenuti a fotografare solo feriti e morti. Il giornalista italiano Gabriele Barbati, Tg5, una volta uscito ha twittato: «Lontano da Gaza e dalla vendetta di Hamas» e «i bambini di Shati sono stati uccisi da un lancio sbagliato, i miliziani sono corsi a ripulire». È uno dei casi per cui Israele è stato accusato. Gallaghen Fenwick di France 24 ha mostrato una rampa di lancio in mezzo alle case, a 100 metri da una sede Onu. Israele è stata accusata di mirare all'Onu e alle sue scuole. La giornalista dell' Helsingin Sanomat ha testimoniato che Hamas spara dall'ospedale Shifa; e 5 minuti prima della tregua Sreenivasan Jain, dell'indiana NDTV , ha mostrato, sotto l'albergo dei giornalisti, tre uomini che sparano un missile e poi nascondono l'armamentario.

Sreenivasan dichiara nel video che sarà trasmesso solo quando lui sarà fuori «perchè Hamas non tratta gentilmente chi li filma» e spiega che senza la tregua tutti sarebbero stati in pericolo. Dunque, chi è il criminale di guerra dato che l'uso di scudi umani è vietato da ogni convenzione internazionale? Un'indagine seria esporrebbe Hamas, chissà se Fatah vuole andare fino in fondo.

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