In occassione del 70esimo anniversario della fondazione di Israele, abbiamo intervistato l'ambasciatore Ofer Sachs.
Ambasciatore, come definirebbe l’Israele di oggi, a 70 anni dalla sua nascita?
Israele ha antiche radici, ma da molti punti di vista è un Paese giovane, che gode di un notevole sviluppo economico e innovazione, e di una popolazione giovane e sempre in aumento. Israele ha raggiunto tutto ciò in soli 70 anni. Siamo passati dall’essere un Paese in via di sviluppo a far parte dell’Ocse, con l’economia guidata dall’industria tecnologica. È una democrazia vibrante, dove ognuno può trovare espressione, le minoranze prosperano, le donne hanno più titoli accademici rispetto agli uomini e la mobilità sociale è tra le più alte del mondo. E questi, ovviamente, sono solo alcuni esempi.
L’idea di Trump di spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme nel mese di maggio è praticabile e consigliabile?
La decisione di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme è stata una decisione corretta e noi la accogliamo con favore. Praticamente i preparativi sono in corso d’opera e tutto dovrebbe essere pronto per maggio. A livello concettuale, questo spostamento significa il riconoscimento del fatto storico che Gerusalemme è sempre stata la capitale del popolo ebraico e oggi è la capitale dello Stato di Israele. Questo riconoscimento è un passo fondamentale per andare avanti con il processo di pace e non pregiudica assolutamente nessuna negoziazione di pace con i palestinesi, visto che non pregiudica il fatto che le parti possono stipulare accordi su varie questioni.
Che idea si è fatto del nuovo corso saudita? Sicuramente sul fronte interno è stata implementata una politica di vere riforme e, da parte del principe ereditario, ci sono state importanti aperture verso Israele e condanne nei confronti degli estremisti; tutto questo influirà sul dialogo con i palestinesi? Quale soluzione vede possibile?
L’Arabia Saudita è un leader importante nel mondo arabo. Il suo riconoscimento del diritto del popolo ebraico alla propria patria contribuisce alla stabilità del Medio Oriente. Per raggiungere una pace duratura, l’appoggio dei poteri regionali è fondamentale e pertanto consideriamo la posizione saudita di particolare importanza. Speriamo che anche i palestinesi, sull’onda saudita, arrivino a un simile riconoscimento, che è una componente essenziale del processo di pace.
Spesso l’opinione pubblica europea percepisce le questioni israeliane-mediorientali come lontane e aliene, salvo poi scoprire che i più violenti tra i terroristi dell’Isis attivi in Siria e Iraq erano cresciuti in Europa e molti foreign fighters vi faranno ritorno. L’Europa è ancora a rischio terrorismo secondo lei?
Purtroppo, sembra che l'Europa sia ancora a rischio terrorismo. Forze estremiste sfruttano e abusano dei valori democratici, come la libertà di parola, con lo scopo di attaccare e indebolire le democrazie. Per decine di anni l’Europa ha chiuso un occhio sul radicalismo islamico, che sia stato per compiacimento o ingenuità, e i risultati li possiamo vedere. Le democrazie devono sapersi difendere da forze non democratiche. L’abuso di valori fondamentali, che trasforma la libertà di parola in parole d’odio, deve essere affrontato in modo decisivo.
Ambasciatore, Israele celebra il 70esimo anniversario della sua fondazione in un momento particolarmente delicato: alle virulente proteste di Hamas si somma quella che voi definite una crescente presenza e pressione iraniana nel sud della Siria. Quale dei due fenomeni è più preoccupante?
Israele intende fermamente proteggere la sicurezza dei propri cittadini da pericoli incombenti e distanti. Sin dalla sua fondazione, Israele ha affrontato minacce dirette alla propria esistenza. Sia Hamas sia l’Iran hanno dichiarato la loro risolutezza nel voler annientare Israele, e non abbiamo altra scelta se non prender sul serio ciascuna di queste minacce. Hamas sta cercando di infiltrarsi tra le comunità israeliane e di assassinare cittadini, usando i civili di Gaza come una copertura per portare a termine attacchi. Da quando Hamas è salita al potere con violenza nel 2007, ha lanciato decine di migliaia di razzi e missili verso i centri abitati israeliani. L’Iran ha di recente inviato un drone carico di esplosivi da una base iraniana in Siria verso il territorio israeliano. Ha a disposizione missili a lunga gittata e ha ingannato il mondo già molte volte circa le sue ambizioni nucleari.
Come si spiega che la presenza delle milizie filo-iraniane in Siria, ai confini di Israele, per le cancellerie europee non rappresenti un problema e non venga compreso il timore israeliano non tanto verso Assad ma verso i suoi “ospiti”?
Che l’Iran sia una forza di destabilizzazione nel Medio Oriente, è ormai noto. L’Iran ha preso il controllo di parti dell’Iraq e della Siria, creando un corridoio per il trasferimento di armi attraverso l’intera regione. L’Iran fornisce armi avanzate a milizie in Yemen, Iraq, Siria e in Libano. I missili a lunga gittata iraniani sono nelle mani di diversi gruppi non-statali, creando una situazione estremamente pericolosa per la regione e per il mondo: ci aspettiamo che l’Italia e altri leader europei formulino un chiaro messaggio a riguardo, dichiarandone l’intollerabilità.
Cosa succederà se davvero gli Usa lasceranno il Medio-Oriente? I russi riusciranno a frenare l’espansionismo iraniano in Siria e Libano?
Dal nostro punto di vista, la Russia in Siria ha una responsabilità per la stabilità della regione. Israele non può accettare l’espandersi dell’Iran in territorio siriano, perché lo scopo delle basi iraniane in Siria è quello di attaccare Israele – questo è diventato palese con l’invio febbraio l’invio del drone iraniano in territorio israeliano. Se la Russia permetterà all’Iran si proseguire con il suo stabilizzarsi militarmente in Siria, certamente altri attacchi saranno condotti contro Israele. Noi siamo in costante contatto con la Russia riguardo questa questione.
Nel campo della sicurezza nazionale rientra anche l’approvvigionamento energetico: dopo il discutibilissimo (ma ben poco discusso) intervento della marina turca che ha bloccato una nave italiana che avrebbe dovuto compiere trivellazioni in acque cipriote, che fine farà il progetto di gasdotto che dovrebbe collegare Israele e Italia passando per Cipro e Grecia?
Il progetto di gasdotto sta progredendo. Ci sono diverse alternative tutt’ora allo studio per portare il gas naturale dal bacino del Levante in Europa. Siamo molto fiduciosi sul fatto che la Turchia entri a far parte del progetto. Questa realizzazione creerà significative opportunità economiche e strategiche per l’intera regione del Mediterraneo orientale.
Che cosa chiederebbe al prossimo governo italiano, qualunque esso sia?
Le relazioni tra Israele e Italia sono molto buone e c’è un alto livello di scambi in ogni campo, che sia
politico, economico, accademico, culturale e altro. Israele vede l’Italia come un importante partner e una voce molto autorevole in Europa. Ci piacerebbe vedere le relazioni continuare ad approfondirsi per molti anni a venire.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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