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L'attentantore di Westminster aveva combattuto in Bosnia

La segnalazione dell’intelligence serba: Khalid Masood sarebbe stato un personaggio tutt'altro che "marginale" del panorama islamista locale

L'attentantore di Westminster aveva combattuto in Bosnia

Khalid Masood, l’attentatore di Westminster dello scorso 22 marzo, avrebbe combattuto in Bosnia nell’unità jihadista “el-Mudzahid”, squadrone di wahhabiti veterani dell’Afghanistan, in prevalenza arabi, che commisero crimini di guerra contro civili e miliziani serbi.

Secondo fonti serbe in contatto con il giornale di proprietà svizzero/tedesca Blic, il nominativo di Masood sarebbe tra i 1774 della “lista nera” degli ex appartenenti ad el-Mudzahid e il soggetto in questione sarebbe entrato in Bosnia il 22 marzo 1993 per poi andarsene il 25 dicembre del 1995, poco dopo la firma degli accordi di Dayton. Dzevad Galijasevic, esperto serbo di anti-terrorismo, afferma che molti esponenti del jihadismo in Europa hanno avuto a che fare con gli estremisti islamici in Bosnia negli anni della guerra.

Ci sono alcuni elementi che rendono tale ipotesi credibile, a partire dal fatto che diversi “cattivi maestri” di Masood compaiono nei files degli inquirenti serbi che investigano i crimini di guerra commessi da membri della famigerata unità el-Mudzahid, primo fra tutti Abu Hamza al-Masri, ex imam della moschea di Finsbury Park a Londra, ex jihadista in Afghanistan e Bosnia, che avrebbe ordinato la decapitazione di tre soldati serbi a Crni Vrh, nei pressi di Tesanj e le cui foto diventarono virali sulla stampa.

Bisogna inoltre ricordare che tra il 1991 e il 1995 in città come Londra, Vienna e Milano erano presenti cellule jihadiste gestite da soggetti arabi che dirigevano il flusso di finanziamenti e combattenti per la Bosnia. Molti jihadisti veterani della guerra anti-sovietica in Afghanistan vennero così reindirizzati in Bosnia e in Cecenia per combattere un comune nemico slavo (i serbi nei Balcani e i russi nel Caucaso settentrionale).

A Milano fu l’egiziano Anwar Shaban, ex imam presso il Centro Islamico di viale Jenner, a svolgere un ruolo di primo piano nell’invio di “aiuti” oltre-Adriatico, venendo ripreso e fotografato in più occasioni assieme all’ex presidente bosniaco Alija Izetbegovic.

Shaban riuscì misteriosamente a “sfiltrare” dall’Italia e a raggiungere la Bosnia per riunirsi all’unità el-Mudzahid, plausibilmente consapevole di avere il fiato dei mukhabarat egiziani sul collo. Il predicatore-jihadista era infatti ricercato in Egitto per aver preso parte ad attività terroristiche e di destabilizzazione politica.

Il 14 dicembre 1995 nei pressi della cittadina bosniaca di Zepce una jeep Toyota intestata a un’organizzazione umanitaria tedesca con sede a Sarajevo veniva fermata a un posto di blocco da una pattuglia dell’HVO croato che apriva il fuoco, uccidendo tutti e cinque i passeggeri, tra cui Anwar Shaban. Era la fine dell’unità el-Mudzahid e dieci giorni dopo anche il Khalid Masood che compare nella lista serba lasciava la Bosnia.

Se la segnalazione dell’intelligence serba risultasse corretta allora la versione riferita dalle autorità britanniche secondo cui Masood sarebbe stato un personaggio “marginale” del panorama islamista locale e i cui precedenti penali non erano legati all’ambito jihadista, potrebbe vacillare.

È infatti possibile ritenere “marginale” un personaggio con periodo di radicalizzazione in Arabia Saudita e che avrebbe persino combattuto in Bosnia assieme a tagliagole del calibro di Abu Maali, Abu Hamza e Mustafa Kamel Suleyman? Una segnalazione che necessita immediati chiarimenti anche perchè legata a un episodio le cui dinamiche sono apparse confuse fin dall’inizio.

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