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"L'Fbi facilitò il pagamento di un riscatto ai terroristi di Al Qaeda"

Se ufficialmente la linea della Casa Bianca è quella di non trattare coi terroristi, dietro le quinte succede il contrario

"L'Fbi facilitò il pagamento di un riscatto ai terroristi di Al Qaeda"

Con i terroristi non si tratta. La politica della Casa Bianca non è cambiata, ma nel 2012 l’Fbi facilitò il pagamento di un riscatto ad al Qaeda da parte della famiglia di Warren Weinstein, l’ostaggio americano poi ucciso per errore lo scorso gennaio da un razzo lanciato da un drone della Cia in Pakistan nello stesso raid in cui è rimasto ucciso anche il cooperante italiano Giovanni Lo Porto. E apparentemente non è il solo caso.

Il Federal Bureau of Investigation verificò l’attendibilità di un mediatore pachistano che doveva consegnare ai rapitori 250 mila dollari per conto della famiglia Weinstein, e fornì anche altre informazioni di intelligence che avrebbero dovuto favorire lo scambio, scrive il Wall Street Journal citando in forma anonima alti funzionari Usa. Fedeli alla linea ufficiale, gli agenti dell’Fbi non autorizzarono o approvarono direttamente il pagamento del riscatto, ma decisero di aiutare i familiari di Weinstein quando capirono che ormai erano determinati a perseguire la strada delle trattative con i rapitori.

L’Fbi disse loro che il mediatore appariva attendibile e non parte di una truffa per sottrarre del denaro, anche se ammonì che il pagamento non avrebbe garantito il rilascio dell’ostaggio. La famiglia Weinstein consegnò quindi al mediatore il denaro, raccolto attraverso canali privati, ma Warren non fu mai liberato. Il caso Weinstein, scrive il Wsj, così come il Daily Beast che cita un veterano negoziatore dell’Fbi, non è l’unico in cui gli agenti del Bureau hanno aiutato le famiglie degli ostaggi a capire come pagare riscatti ai rapitori. Una simile assistenza, almeno iniziale, salvo poi fare marcia indietro, è stata fornita anche alla famiglia di James Foley, il giornalista decapitato dall’Isis in Siria lo scorso agosto. Una pratica che stride con la politica di chiusura sempre affermata dall’amministrazione, spesso entrata anche in polemica con quei Paesi europei accusati di pagare e di finire così per finanziare gruppi terroristici.

Una politica per la quale diverse famiglie di americani catturati da gruppi terroristi hanno anche pubblicamente espresso frustrazione e che è stata ad esempio ribadita loro l’anno scorso in una serie di conference-call da alcuni funzionari della Casa Bianca. In quei colloqui, ha riferito la madre di Austin Tice, un giornalista ed ex marine scomparso in Siria quasi tre anni fa, i funzionari ammonirono che il pagamento di riscatti è illegale e sottolinearono che anche chi donava soldi sapendo che sarebbero stati usati per pagare un riscatto a dei terroristi rischiava conseguenze legali. Le critiche dei familiari, e anche di esponenti politici, hanno però infine fatto breccia. Sempre lo scorso anno la Casa Bianca ha annunciato che il Dipartimento di Stato, quello della Difesa, l’Fbi e la comunità di intelligence hanno avviato su ordine del presidente una revisione della politica Usa in materia di riscatti ai terroristi.

Lo ha ricordato lo stesso Obama quando la scorsa settimana si è pubblicamente scusato per la tragica morte di Weinstein e Lo Porto.

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