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Libia, crisi politica paralizza industria petrolifera

La società petrolifera Noc, con sede a Tripoli, ha bloccato la vendita del greggio libico all’estero, dopo l’annuncio del maresciallo Haftar di vendere l’oro nero da Bengasi, ignorando la risoluzione dell’Onu

Libia, crisi politica paralizza industria petrolifera

La Libia sta registrando perdite pari a 70 milioni di dollari al giorno. Sono queste le cifre di mancato incasso giornaliero denunciate dalla Noc (società nazionale del petrolio libico). Tutto ciò a causa del blocco delle esportazioni di petrolio deciso proprio dalla stessa compagnia libica, dopo l’annuncio del maresciallo Khalifa Haftar lo scorso 25 giugno che ha consegnato la gestione degli impianti petroliferi al controllo delle autorità parallele di Bengasi.

Lo stop della produzione di greggio da vendere all’estero pesa come un macigno sulle finanze dello stato libico e specie nella nuova crescente potenza economica del paese basata principalmente sulla gestione dell’oro nero. Il blocco porta a un colossale spreco di 850 mila barili al giorno su un totale di poco più di un milione, e proprio queste vendite rappresentano quasi l'unica fonte di reddito del paese, come confermato dalla Noc.

La gestione dei siti e delle esportazioni di greggio è stata finora effettuata dalla Noc, che ha ricevuto quest’autorizzazione da una risoluzione delle Nazione Unite nel settembre 2016, assieme all’elezione del suo presidente Mustafa Sanallala. I ricavi dell’oro nero venduto dalla compagnia libica sono sempre stati trasferiti alla Banca centrale di Tripoli, responsabile della ridistribuzione del denaro a tutte le regioni e istituzioni.

Dopo l’incredibile dichiarazione di Haftar di iniziare a vendere il petrolio non rispettando la risoluzione delle Nazioni Unite, la NOC ha dichiarato lo "stato di forza maggiore" sui pozzi di Zoueitina e al-Hariga, dalle ore 11 di lunedì 02 luglio, interrompendo la vendita di idrocarburi. La Libia esporta il suo oro nero in Europa, Usa e Cina.

"Nonostante gli avvertimenti della NOC sulle gravi conseguenze del continuo blocco, il Comando Generale (forze del generale Haftar, cdr.) non ha invertito la sua decisione di vietare alle petroliere di entrare nei porti per i loro carichi". "I serbatoi di stoccaggio sono pieni e la produzione si fermerà" inevitabilmente, ha affermato Mustafa Sanallala, presidente della compagnia.

Fonti vicine a Haftar hanno rivelato che quest’azione sembra avere delle motivazioni politiche su alcune dinamiche interne al paese e non sia collegata alla spavalderia di vendere il greggio in modo autonomo. Uno degli obiettivi che si cerca di ottenere è il licenziamento di Seddik al-Kebir, governatore della Banca centrale, sostenitore dei partiti rivali al maresciallo libico.

Ad oggi la decisione di Haftar ha indignato i partner commerciali della Libia, in primis l’Unione Europea, che ha rifiutato in toto la possibilità di continuare a comperare greggio libico, in particolare se oggetto di sanzioni commerciali da parte delle Nazioni Unite nelle prossime settimane.

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