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Londra cerca il nuovo premier Sunak in pole, partito diviso. Ma ora BoJo vuole la rivincita

Entro una settimana la scelta dei Tories. Boris: "In gioco l'interesse nazionale". Ma dovrà vedersela con il suo ex ministro del Tesoro

Londra cerca il nuovo premier Sunak in pole, partito diviso. Ma ora BoJo vuole la rivincita

Lo spettacolo delle dimissioni di Liz Truss se l'è goduto dai Caraibi, dov'era in vacanza con la moglie Carrie. Ma la giornata nera della politica britannica è già la sua rivincita. Appena 44 giorni dopo aver lasciato Downing Street ed essere stato costretto all'uscita di scena, lacerato da scandali e bugie, Boris Johnson è corso a fare le valigie, di rientro a Londra, dalla Repubblica Dominicana, già in queste ore. Pronto alla corsa-lampo per la successione, che si è aperta ieri e si chiuderà al massimo venerdì prossimo, entro il 28 ottobre, con il nome di un nuovo primo ministro. Boris «crede che sia una questione di interesse nazionale», è trapelato dalle colonne del Times, e «sta già svolgendo sondaggi» per testare la sua popolarità.

L'ultima rilevazione di YouGov dice che è già tornata l'ora di Boris. Appena tre giorni fa, il 63% dei membri del Partito conservatore diceva di vedere di buon occhio il ritorno di Johnson e il 32% lo metteva al primo posto come futuro leader, seguito dall'ex cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak al 23%, tra i favoriti alla successione.

È la rivincita che Boris, il leader dalle sette vite, ha a suo modo previsto e annunciato proprio nel discorso di addio - o arrivederci - quando il 6 settembre ha lasciato Downing Street spiegando che, «come Cincinnato», stava «tornando al suo aratro». In molti, già allora, hanno intuito che il riferimento all'antica Roma era legato al bis del dittatore, che nel 439 a.C. fu acclamato per la seconda volta, per riportare ordine nel caos. Boris già allora aveva immaginato il copione andato in scena in queste ore: richiamato ai suoi doveri per salvare il Paese dal disastro. Lo ha fatto con la Brexit, portandola a compimento dopo anni di divisioni. Potrebbe farlo anche adesso che il suo partito ha perso la bussola ma gode ancora di un'ampia maggioranza, 72 deputati, frutto della travolgente vittoria elettorale del 2019, strappata grazie al suo carisma, e man mano dilapidata, al punto che i Tories sono ora al minimo nei consensi, in picchiata al 23%, contro il 52% del Labour.

«Ridateci Boris» - bring back Boris - è l'hashtag che ieri rimbalzava su Twitter, rilanciato dall'ex segretario privato di Johnson, James Duddridge, e da chi ricorda i successi dell'ex premier: 14 milioni di voti alle ultime elezioni, 365 seggi e un grande consenso popolare. Che rischia di mancare al prossimo premier, senza il passaggio delle urne. Intanto, per evitare che la corsa si faccia troppo affollata e frammentata, il Comitato 1922, che stabilisce le norme per la sfida alla leadership, ha annunciato che i contendenti dovranno poter contare su almeno 100 «nomination» da parte di altrettanti deputati. Il numero massimo di candidati sarà dunque 3 e dovranno farsi avanti entro le ore 14 di lunedì (le 15 in Italia). Se un unico candidato potrà contare su 100 sostenitori, sarà lui a diventare premier. Numeri che fanno storcere il naso ai Laburisti, convinti che si debba tornare alle urne.

I nomi più quotati sono gli stessi che già in estate si erano sfidati. Con Johnson, il favorito è l'ex ministro delle Finanze Rishi Sunak, 42 anni, secondo dietro la Truss nell'ultima corsa per la leadership. Dopo aver lavorato al fianco di Boris, con le sue dimissioni ha contribuito all'uscita di scena di Johnson. Le sue politiche economiche sono l'antitesi della linea perdente della Truss: aveva avvertito dei rischi dei tagli alle tasse in deficit. Jeremy Hunt, 55 anni, è probabile che resti al ministero delle Finanze, per dare un segnale di stabilità. Penny Mordaunt, 49 anni, ex ministra della Difesa ed ex riservista della Royal Navy, oggi leader della Camera dei Comuni, torna in auge dopo essere arrivata terza per il dopo-Boris, ma ha perso smalto. Ben Wallace, 52 anni, ministro della Difesa, è fra i nomi che potrebbero portare il partito alla coesione. La parola d'ordine necessaria ai Tories, per superare l'impasse, adesso è «unità». Ma la strada è impervia, dopo che in Parlamento si è sfiorata la rissa sul voto per il fracking, che ha portato Truss al capolinea. Il partito è lacerato. E il rischio è che si assista a uno scontro al coltello tra Sunak e Johnson.

I Laburisti tifano per il primo: sanno che se si tornasse a votare, Boris sarebbe il loro più grande ostacolo.

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